giovedì 29 settembre 2022
Nel simposio internazionale di studiosi a Verbania il punto sulle straordinarie scoperte in un'area naturalistica patrimonio Unesco che viene scoperta dal turismo e ora anche dalla scienza
Nel Geoparco Sesia Valgrande il mondo «scopre» un supervulcano fossile
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Il geoparco «Sesia Val Grande» è uno dei patrimoni naturali riconosciuti a livello mondiale. Si estende nell'area del Piemonte nord-occidentale che va dal Lago Maggiore al confine con la Svizzera, fino al Monte Rosa al confine con la Val d'Aosta. L'importanza geologica di quest'area è legata ai processi di formazione delle Alpi, che hanno deformato la crosta terrestre tanto da farne emergere le parti più profonde: qui si trova una delle più spettacolari sezioni della crosta terrestre, all'interno della quale è addirittura possibile vedere il sistema di alimentazione di un supervulcano fossile, dalle rocce più superficiali della caldera fino a 25 km di profondità.
Dal 5 settembre 2013 tutta quest'area che va sotto il nome di «Sesia Valgrande Geopark» è stata riconosciuta patrimonio dell’umanità dall'Unesco. Dal 26 al 30 settembre Verbania ha ospitato un summit internazionale, la 16esima «European Geoparks Conference» con la partecipazione di rappresentanti di tutti i geoparchi europei per un confronto sui temi come riscaldamento globale, geodiversità, geoturismo e sostenibilità del patrimonio geologico.

È Franco Cameroni, una laurea in agraria, a ripercorrere un pezzo di storia di questo geoparco: «Nel marzo del 2009 ho conosciuto a Quarona il professor Silvano Sinigoi e il professor James E. Quick, geologi e petrografi – spiega – impegnati nello studio dell'orogenesi della Valsesia e mi hanno comunicato che la struttura geologica di questa zona rappresentava, dal punto di vista scientifico, un caso unico al mondo perché è fisicamente la struttura di un supervulcano, attivo circa 300 milioni di anni orsono, perfettamente riconoscibile e praticamente intatto». L'orogenesi alpina, creata dallo scontro della placca continentale africana con quella europea, è avvenuta circa 60 milioni di anni fa e il supervulcano, al bordo della placca africana, si è inclinato mettendosi quasi orizzontalmente. Gli eventi glaciali e atmosferici successivi ne hanno asportato una grossa fetta mettendo in evidenza tutto l'apparato magmatico interno del vulcano, fino a una profondità di circa 25 km e mostrando, prima volta al mondo, uno spaccato del suo complesso sistema di alimentazione. La sezione del supervulcano è quindi chiaramente visibile dove affiora la roccia madre: sul greto del fiume e sulle cime dei monti.

«Ho avuto l'occasione di conoscere alcuni vulcanologi giapponesi – aggiunge Cameroni –, tra i quali Masaaki Obata, professore emerito di petrografia all'Università di Kyoto, impegnati da tempo nello studio della zona e interessati in modo specifico delle inclusioni di peridotite di Balmuccia. Ci sono stati confronti periodici nel mio studio di Quarona per confrontare i reciproci dati verificando le ipotesi evolutive. Sono cominciati ad arrivare turisti e scienziati stranieri, curiosi di vedere e toccare con mano le rocce di questo interno fossile del supervulcano, ma soprattutto studiosi da università di varie parti del mondo, entusiasti di questa eccezionale scoperta. Fra loro Gianmario Gregori conoscitore ed esperto di queste terre. Solo a questo punto ci siamo resi conto dell'importanza mondiale del nostro territorio e abbiamo colto l'occasione del loro incoraggiamento per incontrarci con gli enti locali valsesiani gettando le basi per la creazione del Geoparco nazionale e successivamente proporre la candidatura per il riconoscimento Unesco». I geoparchi in Italia sono sette, 42 in Europa e 77 nel mondo.

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