Non c'è verità generale e astratta che sia priva di controindicazioni, se si supera il limite. È come per i farmaci: quello che fa bene rispettando certe dosi, può anche avvelenare. Per ogni verità, quello che conta è vedere che cosa diventano gli esseri umani che la fanno propria. Nel cristianesimo c'è uno straordinario antidoto al fanatismo delle verità astratte: è la divinità che si incarna in un essere umano. Non la divinizzazione dell'umano, ma l'umanizzazione del divino. Dico questo solo perché l'aver consigliato recentemente un bel libro di Pierre Hadot, Ricordati di vivere, con l'intenzione di valorizzare il presente rispetto al culto del futuro e del passato, può aver creato dei malintesi. Poche cose sono così distruttive come l'idea del «tutto subito». L'attuale protagonismo di massa genera soprattutto volgarità. Ma sotto c'è qualcosa su cui riflettere: c'è il primato del desiderio sulla realtà, dell'io sul tu, sul noi, sul voi, sul loro, sulla natura. Uno storico della filosofia antica come Hadot ha solo voluto ricordare che la tradizione degli «esercizi spirituali» centrati sul presente, attraversa l'epicureismo, lo stoicismo, arriva al cristianesimo e perfino a Goethe. Il guaio è che tale tradizione è stata sommersa dalla libertà individuale moderna, dal suo rifiuto di limiti e regole. Perfino l'attuale revival della metafisica dimentica che la conoscenza delle "cause prime" è possibile solo se si praticano (come fu in passato) certe discipline mentali.
Oggi l'idolatria del presente non ha niente a che fare con filosofie e religioni, né con Buddha, né con Platone, né tantomeno con i Vangeli. Da una ricerca del Censis sull'Italia dei giovani risulta che la parola d'ordine «libertà di essere se stessi» esprime soprattutto il desiderio di diventare una star mediatica: apparire, apparire e ancora apparire. Ma questa più che libertà è alienazione. Il sé si volatizza nella riproduzione audiovisiva della propria immagine. E l'io, così, diventa schiavo di chi lo guarda"
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