Vigilie
La sera della vigilia andavamo alla Messa di mezzanotte. Un figlio per mano, uno in braccio, una in passeggino: infagottati in cappotti e sciarpe, gli occhi scintillanti nella grande attesa.
La chiesa era già affollata. Il profumo d'incenso nella penombra della navata, dalla sacrestia l'eco di canti. La Messa non era ancora cominciata e già i due più piccoli si erano addormentati: più pesanti fra le braccia, nell'abbandono del sonno. Il maggiore, sei anni, ben sveglio invece - perché quella notte Qualcuno doveva venire.
La sua ansia infantile mi contagiava. Tornavo la bambina che la vigilia non riusciva a dormire, tesa a cogliere il segreto segnale dello straordinario, che doveva accadere.
Cantavano «Tu scendi dalle stelle», alla fine, i fedeli che sciamavano fuori dalla chiesa. La notte fredda e secca sapeva di neve. Mettere a letto i tre, guardarli addormentati. Ma noi due, ora, si aveva da portare i regali in soggiorno, e da montare il teatrino nuovo, e la cucinetta; con quella vite maligna che non voleva saperne di girare, alle due di notte. Dormire quattro ore: all'alba i tre, impazienti, in pigiama, a tirarci giù dal letto. Lo scintillio dei doni diceva che lo straordinario visitatore era venuto. Anche per me, che mi lasciavo cadere nel pozzo di stupore felice di quegli occhi.
La chiesa era già affollata. Il profumo d'incenso nella penombra della navata, dalla sacrestia l'eco di canti. La Messa non era ancora cominciata e già i due più piccoli si erano addormentati: più pesanti fra le braccia, nell'abbandono del sonno. Il maggiore, sei anni, ben sveglio invece - perché quella notte Qualcuno doveva venire.
La sua ansia infantile mi contagiava. Tornavo la bambina che la vigilia non riusciva a dormire, tesa a cogliere il segreto segnale dello straordinario, che doveva accadere.
Cantavano «Tu scendi dalle stelle», alla fine, i fedeli che sciamavano fuori dalla chiesa. La notte fredda e secca sapeva di neve. Mettere a letto i tre, guardarli addormentati. Ma noi due, ora, si aveva da portare i regali in soggiorno, e da montare il teatrino nuovo, e la cucinetta; con quella vite maligna che non voleva saperne di girare, alle due di notte. Dormire quattro ore: all'alba i tre, impazienti, in pigiama, a tirarci giù dal letto. Lo scintillio dei doni diceva che lo straordinario visitatore era venuto. Anche per me, che mi lasciavo cadere nel pozzo di stupore felice di quegli occhi.
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