Raccontare il male del mondo o osservare come esso si condanni, alla fin fine, non è necessariamente un gesto pessimistico. Forse il realismo che ha spinto Cormac McCarthy a tratteggiare nei suoi romanzi tanta malvagità assomiglia alla meraviglia di poter dire che il nostro mondo è ancora vivo per grazia. Così nel suo Il passeggero (Einaudi), penultima prova narrativa prima della sua morte, avvenuta nel 2023, ci ha lasciato una descrizione da fine del tempo che resta un’apertura al mistero. Afferma Bobby Western, il protagonista: «Io di Dio non credo niente. Mi limito a credere in Dio. Kant aveva ragione riguardo alle stelle sopra e alla verità dentro. L’ultima luce che vedrà il non credente non sarà l’offuscarsi del sole. Sarà l’offuscarsi di Dio. Nasciamo tutti dotati della facoltà di vedere il miracoloso. Non vederlo è una scelta. Credi che la sua pazienza sia infinita? Io credo che probabilmente siamo arrivati al limite. Credo ci siano forti probabilità che saremo ancora qui per vedersi inumidire il pollice e chinarsi a svitare il sole». Un gesto apocalittico di Dio, questo, che McCarthy aveva già previsto nel romanzo Il buio fuori: «Ho visto tanta cattiveria fra gli uomini che non so perché Dio non ha ancora spento il sole e non se n’è andato». Forse perché Dio è più paziente di quanto noi pensiamo che sia…
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