Mi è capitato spesso di apprezzare le vignette settimanali che don Giovanni Berti, prete della diocesi di Verona, pubblica sul suo sito a firma Gioba. Le omelie festive che le affiancano, domenica dopo domenica, non sono da meno. Davvero ricco il commento al Vangelo di Luca che ascolteremo stanotte ( tinyurl.com/y77umwjz ). Tanto per l'immagine ripresa nel titolo, «Pappa, cacca, nanna», così efficace nel connettere il Bambino Gesù ai neonati che arrivano oggi nelle nostre case, anche se non giacciono in una mangiatoia, ma in un moderno artefatto multiuso.
Quanto per la sottolineatura personale di come anche le mamme anziane e segnate dal decadimento cognitivo, quando vedono un bambino è come se si risvegliassero, fino ad avere «quasi automaticamente gesti di tenerezza e di felicità». Don Berti fa perno infatti sull'idea che «il Natale ci porta a guardare a Dio da una prospettiva meno religiosa in assoluto, e nello stesso tempo la più universale: un bambino. Quel bambino piccolo e fragile, completamente indifeso, incapace di tutto, ma carico di vita, non può non coinvolgerci umanamente a sentimenti profondi di cura, amore, tenerezza, stupore, voglia di vivere».
Dunque «la bella notizia di Natale è proprio che ogni uomo ha la possibilità di ritrovare Dio dentro di sé, perché così siamo stati creati. Il fragile bambino Gesù è venuto proprio a ricordarcelo dalla mangiatoia di Betlemme». Dentro al commento c'è anche il dono di un paio di occhiali che si possono utilmente indossare in questi giorni, ogni volta che un presepe familiare, pubblico, mediatico e in specie digitale ci capiterà sotto gli occhi e magari ci interrogherà per le sue invenzioni. «Davanti al presepe, che purtroppo viene spesso preso come scudo di tradizioni e basta, imparo a guardare ogni essere umano nella sua più semplice umanità, sapendo che proprio in questa Dio si manifesta».
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