Quando ero bambina, a Milano erano molte le case che al pianoterra avevano ancora impresse in vernice nera le lettere "U.S". Ora sono quasi scomparse. Ma avevo Pietro in carrozzina quando, a Porta Vittoria, ne incontravo la mattina ancora una. U.S., l'uscita di sicurezza dai rifugi degli anni dei bombardamenti. Mi era sempre sembrato incredibile che la città che io avevo conosciuto in pace, e la mia vecchia scuola e la mia chiesa, fossero un giorno state bombardate. In un tempo lontanissimo però - mi dicevo, da bambina. Con Pietro in carrozzina il tempo mi sembrò diverso, come acqua di un fiume che ora scorra veloce. U.S., diceva la scritta nera, e ora io sapevo immaginarmi la madre di mio marito che, quindicenne, tornava in bicicletta da piazza Vetra alla Cagnola, di corsa, un mattino che le sirene suonavano. E mi pareva di sentire i passi affannati sulle scale strette e buie delle cantine, di vedere le madri con i figli piccoli avvinghiati, i nomi dei più grandi gridati, perché scendessero in fretta. Cosa doveva essere alzarsi di corsa nel cuore della notte, i bambini che piangevano, arraffando in furia una coperta, e andare a rintanarsi in quei rifugi angusti, temendo una fine da topi. Ma, come mai solo ora capivo davvero? Ora che camminavo per Milano con un figlio appena nato.
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