I poveri non sono dati statistici, né astrazioni: sono esseri umani che hanno bisogno di altri esseri umani. In effetti, un’attenzione affettuosa, uno sguardo in cui il preconcetto e la paura accettino di essere sostituiti dal riconoscimento dell’altro e dalla compassione, costituiscono tante volte l’inizio di una storia differente. Domandare all’altro il suo nome e dirgli il nostro. Dare del tempo, e non solo un aiuto di sfuggita. Condividere un sorriso che trasmetta a chi è in situazione di vulnerabilità la certezza, per quanto piccola, di essere visto, e che la sua esistenza viene valorizzata. Riconoscere i suoi diritti. I diritti umani fondamentali sono universali; tutti gli esseri umani condividono e sono protetti dallo stesso quadro normativo. L’articolo 3 parla, per esempio, del diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale. L’articolo 17 afferma che ogni persona, individuale o collettiva, ha diritto alla proprietà, e nessuno può essere arbitrariamente privato di quanto gli appartiene. La legge protegge coloro che già sono detentori oggettivi di questi diritti. Ma chi protegge i diritti di chi non ha diritti? La serva di Dio Dorotea Day diceva che alla radice di una coscienza sociale degna di tale nome c’è il riconoscimento che il problema di uno è il problema di tutti. E avvertiva del pericolo di un’eresia: quella di non riconoscere Cristo nei poveri.
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