Un ristorante giapponese a Milano, dalle parti della Bullona. A mezzogiorno il dehor con i tavoli è ancora vuoto. Un suono familiare però richiama la mia attenzione. Un pallone: il rimbalzo di un pallone sull’asfalto, ritmico, musica di remoti cortili.
Stoing, stoing. Due piccoli giapponesi, figli dei ristoratori, giocano a calcio fra le auto parcheggiate. È davvero tanto tempo che non vedevo dei ragazzini giocare per strada, qui intorno. Intanto, perché quasi di bambini non ce ne sono. E quei pochi vanno a scuola, in piscina, a lezione d’inglese, scortati da genitori o baby sitter. Chi lascerebbe oggi un figlio giocare sul marciapiede a Milano?
Eppure, questi due. È bastato un pallone, e guardali. La “porta” è lo spazio fra il ristorante e il dehor. Loro avranno sei o sette anni. Come si contendono la palla, come trionfante il maggiore grida, a un gol: «Uno a zero! Uno a zero per il Milan!», e il piccolo testardamente gli si ributta fra le gambe. Ansanti, ridenti. Vita nuova: quanto belli due bambini che giocano a calcio per strada, a Milano.
Poco oltre il figlio del droghiere indiano, più piccolo, se ne sta sulla soglia del negozio. Immobile, gli occhi fissi sui due: cosa darebbe, per giocare con loro. Stoing, stoing, il rimbalzare della palla sull’asfalto è un richiamo. In faccia al piccolo, tutto il desiderio di cui è capace un bambino.
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