«Dimori nel mio cuore, o Siria, come una regina orfana di popolo. Regni sulle macerie di pensieri interrotti sul nascere. Dimori nel mio animo come una scultura mentre io vago senza più una meta, alle pendici del mondo». Asmae Dachan è una scrittrice italiana dalle radici siriane e di fede islamica. L'immagine che descrive in questi suoi versi è di un lirismo pregiato e toccante. Asmae avverte come l'amore per il nome e, addirittura, per l'ombra della sua terra, fosse in lei radicato ancor prima che venisse al mondo, "prima ancora di conoscerti". Un'ombra che vaga come "inchiostro di dolore" nella sua anima, come una "lacrima di amore", come "una goccia di nostalgia". Una memoria condivisa da chi sente, a sua volta, affondare le proprie radici nell'inchiostro della scrittura cristiana, nei porti da cui Paolo partiva, nelle città aperte all'ecumène, inviato da gente che, per la prima volta, veniva chiamata: "i cristiani" (Atti degli Apostoli 11,26). Una culla di parola che esplodeva di pace e bontà e abbatteva i muri tra i vicini e lontani, i circoncisi e i gentili, i maschi e le femmine, i poveri e ricchi, gli schiavi ed i liberi. Un grido che, similmente, oggi si rinnova ed esplode nelle rime di Asmae che conclude: «Ho messo a tacere i miei silenzi scrivendo».
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