Una festa della pallavolo che non dimenticheremo
mercoledì 20 luglio 2022
Una domenica indimenticabile. La pallavolo azzurra ha vissuto, domenica scorsa, una giornata di quelle che restano nella storia. Mentre la squadra nazionale femminile vinceva per la prima volta nella sua storia la Volleyball Nations League, torneo annuale al quale partecipano le migliori nazionali del mondo, tre squadre giovanili (Under 18 e Under 22 maschili, U21 femminile) diventavano, nel giro di poche ore, tutte campioni d'Europa. Un poker di medaglie d'oro, un risultato senza precedenti nella storia dello sport azzurro. Al di là dell'orgoglio di un'Italia alla quale è bello appartenere, perché questa "domenica perfetta" della nostra pallavolo potrebbe avere un grande significato per lo sport tutto (e non solo) del nostro Paese? Per una ragione semplice: nulla succede per caso. Mai, tanto meno nello sport.
Ci sono quattro motivi che spiegano questa domenica straordinaria. Il primo è che la pallavolo italiana affonda le sue radici in una rete incredibilmente capillare e diffusa di società sportive. Da Bolzano a Lampedusa migliaia di piccole realtà hanno nell'ultimo decennio (pandemia inclusa) continuato a sfornare un numero impressionante di giovani destinati alla pallavolo. Una base pazzesca, soprattutto al femminile, che aiuta il vertice ad arrivare più in alto.
La seconda ragione sta nella programmazione della federazione che, una ventina di anni fa, ha deciso di strutturarsi, tanto al femminile che al maschile, con progetti denominati "Club Italia", apice di un programma di qualificazione che parte da un processo di selezione capace di coinvolgere il territorio, attraverso una rete periferica estremamente efficace, così da identificare e promuovere i talenti sportivi. Organizzati in collegiali permanenti i "Club Italia" raccolgono gli atleti di prospettiva che hanno così la possibilità di allenarsi insieme, tutti i giorni. E allenarsi con i migliori aiuta a migliorare. Non è stato facile convincere i club a "prestare" alle nazionali i loro migliori giovani, ma il risultato finale è stato evidente: nazionali migliori e atleti migliori restituiti ai club di provenienza.
La terza caratteristica è quella della multietnicità e della interculturalità, del sapersi nutrire delle differenze come ricchezza. D'altronde la pallavolo, sport di squadra per eccellenza, non perdonerebbe il contrario. Paola Egonu e la capitana Miriam Sylla rappresentano con evidenza questo concetto, ma basta fare un giro nelle migliaia di settori giovanili per verificare come la pallavolo giovanile rappresenti a pieno titolo la società in cui viviamo, proprio mentre la politica discute e litiga sullo Ius scholae.
Infine, la quarta e ultima ragione: la qualità della scuola di allenatori e allenatrici del nostro Paese. Ho avuto la fortuna di farne parte, parlo a ragion veduta. Sono almeno trent'anni che la pallavolo italiana esprime una cultura e una qualità del lavoro senza pari che la fa eccellere nel mondo. Mancherebbe un'ultima cosa: che di tutto ciò si parlasse e che tutta questa bellezza venisse raccontata. E mentre ringrazio "Avvenire" per poterlo fare in seconda pagina, con amarezza constato che i quotidiani che si occupano di sport, di questa straordinaria domenica, ne hanno parlato intorno a pagina 30. È proprio vero: fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce.
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