«Siccome la creatura umana è fatta a immagine di Dio, mi piace pensare che questo codice dell'immagine e somiglianza in questa stagione ci chieda di recuperare questa cura divina, fatta di gesti più che di parole, all'interno e all'esterno, nella continuità dei gesti come caratteristica anche antropologica per diventare umani, pienamente umani, dobbiamo imparare a prenderci cura di noi stessi, dei nostri cari, di coloro che camminano con noi, che precipitano nella violenza della morte, della malattia. E ciò significa riacquistare quel tratto divino, quel respiro divino che ci rende così umani». In una riflessione sul tema della cura e commentando il Salmo 23, la pastora battista Lidia Maggi viene a ricordarci il fondamento dell'antropologia cristiana dove l'essere umano è immagine di Dio. Ma del Dio della Bibbia e non di un Ente della metafisica, pertanto un Emmanuele, un Dio con noi, riconoscibile in quel "tratto divino" di un Verbo che si è fatto carne. Un Dio che si fa umano affinché gli umani possano assomigliargli, sentire, comportarsi come Lui e, dunque, ossigenare la mente e le membra del Suo stesso respiro, che è battito di ininterrotti gesti d'Amore. E, come Lui, imparare a chinarsi per curare le ferite del mondo, degli altri e di sé stessi.
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