Un «pane» che nutre, un amore che salva
giovedì 1 agosto 2024
XVIII Domenica Tempo ordinario - Anno B La folla gli disse: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». Quel pane, che la folla aveva mangiato seduta come fosse un picnic sull’erba, ha risvegliato curiosità e domande, tanto che la folla si precipita a seguire Gesù
sull’altra sponda del lago. Peccato però che, più che il desiderio di conoscere chi veramente fosse quel Gesù che aveva offerto la merenda, assistiamo quasi a un interrogatorio e a un dialogo che si svolge su due piani diversi: la folla vede Gesù come il distributore di pane gratis, colui che, insomma,
risolve il problema del guadagnarsi la focaccia; Lui invece parla di vita inesauribile, racconta di un Dio che dà forza al cammino di ogni giorno. Come potranno capirsi? E come noi possiamo capire questo Dio che si nasconde in qualcosa di tanto ordinario e semplice come un pezzo di pane e che ci parla di una vita piccola e quotidiana e, nello stesso tempo, infinita? Nella prima lettura abbiamo ascoltato che, quando gli Israeliti videro la manna, si dissero l’un l’altro: «Che cos’è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo». (Es.16,15), e me li immagino con la manna tra le mani e gli occhi stupiti a interrogarsi su quel che avevano davanti, a bocca aperta come bambini esterrefatti. Proprio come noi, che tante volte ci domandiamo che cos’è questo Dio che non riusciamo ad afferrare, a capire, sfuggente ad ogni spiegazione logica e razionale: «Io sono il pane della vita». Come dire «Io sono ciò che ti fa crescere, che alimenta i tuoi giorni affamati di senso, che aggiunge vita alla vita, a questo fragile miracolo che è la vita. Che è fatta di pane e amore». Non di un Dio astratto ci parla Gesù, ma di un Dio che nutre la radice delle nostre vite, come una linfa, come un terreno da cui assorbire molecole essenziali. Scrive Pascal: «È il cuore che sente Dio, non la ragione… Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce». Ragioni di un cuore mendicante di luce, di vita, di amore;
un cuore mendicante di una speranza che allontani le nostre disperazioni, di un amore che allarghi all’infinito i nostri piccoli cuori. «Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!» Così definitivo è quel “mai” che fa venire i brividi, accappona la pelle, inumidisce gli occhi. E tutto diventa tanto semplice da sembrare impossibile: credere è mangiare un pezzo di pane, è mordere la vita con un nuovo orizzonte nello sguardo, fin dove cielo e terra coincidono. Fin dove tutto, ma proprio tutto, sa di miracolo. (Letture: Esodo 16,2-4.12-15; Salmo 77; Efesini 4,17.20-24; Giovanni 6,24-35) © riproduzione riservata
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