Sappiamo ancora poco sulla morte di anba Epiphanios, vescovo copto ortodosso, priore del monastero egiziano di San Macario a Wadi Natrun. La gran parte delle cronache, che insiste su un comunicato della Chiesa copta e sul servizio della televisione al-Arabiya, dice che il corpo è stato trovato in una pozza di sangue davanti alla sua cella e che aveva una profonda ferita alla testa, dovuta certo a un corpo contundente. Su “Vatican Insider” ( tinyurl.com/ybc6dede ) Gianni Valente aggiunge al quadro il «tratto martiriale» dal quale la sua morte gli «appare connotata». Se questa è la prospettiva dalla quale guardare all'omicidio di anba Epiphanios, assume particolare significato l'omelia che il blog “Alzo gli occhi verso il cielo” ( tinyurl.com/yahozd4t ) ha pubblicato il 29 luglio «per ricordarlo», riprendendola dal sito di spiritualità cristiana ortodossa “Natidallospirito.com” ( tinyurl.com/yc7dxf9r ). Pronunciata una notte di Pasqua (12 aprile 2015) è intitolata infatti: «Che bisogno abbiamo della Resurrezione». Con ampiezza di riferimenti alla Scrittura e ai Padri, il monaco spiega così l'insistenza di Paolo sulla verità della resurrezione: «La morte del Signore non bastava a ottenere la salvezza? L'Apostolo risponde che se non crediamo alla resurrezione la predicazione degli apostoli è vana e così anche la nostra fede. Per capire questo punto, per capire fino in fondo il nostro bisogno della resurrezione del Signore, dobbiamo andare indietro, fino all'inizio della creazione, al momento della caduta dei nostri progenitori e alle sue conseguenze». La sua conclusione è anche, evidentemente, ciò che egli credeva e sperava dopo la morte: «Risorgendo insieme al Signore, dunque, non ritorneremo solamente alla prima immagine secondo la quale Adamo fu creato ma acquisteremo l'immagine del Signore risorto dai morti, il quale morì a causa dei nostri peccati e risuscitò per la nostra giustificazione».
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