domenica 11 marzo 2018
Nulla dai Denarioni era più gratuito della tariffazione. Nulla dai Gracidi è più oneroso della gratuità. Affinché dei puri artisti possano dispiegare la loro fantasia sul ponte, servono operai a sudare in sala-macchine. È una storia risaputa: la cicala che non fa che cantare deve avere formiche al suo servizio. Ciò che si sa di meno è che chi racconta questa favola e sembra dunque sposare la causa delle formiche, è ancora una cicala e non fa che incrementare il loro asservimento. Qui, per comodità, poiché la natura offre già una differenza subito usabile come marchiatura di gerarchia, la divisione tra poeti e schiavi coincide con quella tra uomini e donne. L'originalità - ma è veramente così originale? - sta nel fatto che questa subordinazione sociale è accompagnata da una subordinazione mistica in senso inverso: i poeti non smettono di affermare che le donne sono divine, che giacciono ai loro piedi, che davanti a esse vanno in estasi e dimenticano se stessi, e che sono di conseguenza costretti a lasciar loro tutti i servizi casalinghi. Considerando le loro dee chine sulla zappa, lo strofinaccio o la pentola, i poeti potrebbero ritornare in sé e far la loro parte. Ma no. Il loro sentimento di gratitudine è troppo forte. Il visibilio per l'ammirazione, e un'ammirazione sincera, aumenta davanti a tanta cortesia angelica. Essi accusano le loro stesse mani di meschinità accanto alle mani sciupate delle loro graziose domestiche. Si dichiarano indegni di tante attenzioni immeritate. E la dichiarazione si prolunga per cosi tante strofe che possono certamente compatire ma non muovere neppure un dito per alleggerire un centigrammo del loro fardello. Senza scomodare il Vangelo, la semplice giustizia mi spingeva a denunciare quella situazione, a parlare a favore dell'emancipazione delle donne, a sforzarmi di… ma dormivo così bene nei loro letti cinti di fiori! Avevo talmente bisogno di recuperare le mie forze! E poi Tâ mi aveva promesso un bagno caldo - il mio primo bagno caldo da parecchi mesi! Non ne potevo più di fare toeletta come i gatti nell'acqua fresca dei ruscelli. Volevo ri-scoprire l'acqua calda. Facevamo puzza, fratel Ugo e io! Le nostre narici si erano troppo abituate a noi stessi e non lo sentivamo, ma ci eravamo rivisti in un specchio (i Gracidi amano particolarmente gli specchi, ne ricoprono tutte le pareti dei loro saloni per moltiplicare inutilmente la loro presenza) e l'immagine riflessa rendeva testimonianza al nostro odore. La vita all'aria aperta ci aveva tinti come il cuoio. Sotto la barba piena di pidocchi, la faccia di Ugo somigliava a un prosciutto affumicato, la mia era diventata grigia come pelle di squalo. Eravamo noi, i barbari, noi, gli uomini della foresta! Allora sì, sarò giusto, libererò le donne dall'oppressione, ma prima quelle di Tâ portino le brocche, le versino nella vasca, facciano scaldare l'acqua! Chiedo solamente un bagno, mio Dio, un battesimo nel dolce tepore! Dopo, farò tutto ciò che vorrete per la Buona Novella! La mia missione in Metagonia mi sarà servita almeno a esplorare il fondo della mia bassezza.
(27, continua. Traduzione di Ugo Moschella)
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