Mentre annotiamo sul calendario l'ingresso nel terzo anno da che è comparso il Covid-19, non dimentichiamo che tra i suoi effetti collaterali rientra sicuramente l'avere alimentato il complottismo, ovvero la preferenza per le «verità semplici» come risposta «a una complessità, le cui connessioni appaiono spesso difficili da districare». A questo approccio fa riferimento Simone Morandini in un post che “Re-blog” ( bit.ly/3pDMOUw ) rilancia, come spesso accade, da “Moralia”, il luogo digitale in cui convergono i teologi moralisti dell'Atism. In virtù anche della nuova «capacità di penetrazione conferitagli dalla Rete, con costellazioni di siti di riferimento che si richiamano e si supportano a vicenda», il complottismo è oggi un «preoccupante fenomeno di massa», e in riferimento alla pandemia vede coinvolti «taluni ambienti religiosi», come segnalato più volte anche da questa rubrica. «Naturalmente – aggiunge il teologo – in tali contesti il vero potere forte da combattere è in primo luogo quello del demonio», ma non è difficile che cedano «alla tentazione di associarvi immediatamente la modernità e la scienza». Come antidoto al complottismo, Morandini propone la nuova attualità dell'illuminista «sapere aude», del coraggio di conoscere. Non nel senso di essere ingenuamente acritici «nei confronti della società della tecnica e delle sue ambivalenze o dei complessi intrecci di potere che in essa si dispiegano», ma in quello di «cogliere le interconnessioni problematiche tra ambiti diversi del nostro vissuto sociale, attingendo anche a una pluralità di saperi», cioè passando attraverso «il lavoro faticoso della conoscenza competente e della comprensione analitica». Si tratta allora, conclude Morandini rifacendosi alla «grande tradizione cristiana», di «osare la conoscenza»: così da «rendere più vivibile la vita» e «aiutarla a fiorire», «disegnare al meglio la nostra vocazione di esseri umani» e «dispiegare quella libertà vera che è anche libertà dall'ignoranza».
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