Questa rubrica, Gianni non lo sa, o forse sì, magari la legge sdraiato su qualche nuvola, ma è dedicata a lui e all'assenza che provo (proviamo) noi “senzaMura” da quando alla domenica non esce più sulla pagina dello sport di “Repubblica” la sua insostituibile rubrica Sette giorni di cattivi, pensieri. Mura (volato via il 21 marzo di un anno fa) non è stato solo il miglior aedo sportivo prestato alla carta stampata. Sarebbe riduttivo, lo è per alcuni, anche per Marco Pastonesi, che ieri in questa pagina di “Avvenire” lo ha meravigliosamente ricordato da narratore di lungo corso per presentare Mura Am(o)ur, il docufilm scritto e realizzato da Emanuela Audisio. Gianni era con Emanuela e la moglie Paola, l'ultima volta che ho ascoltato al telefono la sua voce inconfondibile, impastata di saggezza, vino rosso doc e nicotina. Era la sera che iniziò questo incubo chiamato Coronavirus, marzo 2020. «Sono a Senigallia, ma credo che scenderò ancora più a Sud, perché il virus cammina...», disse al telefonino, a me e a Gerri Mele: il nostro amico, il saggio locandiere del Vecchio Porco di via Messina a Milano. Sardo come lui (di Busachi), Gerri è l'amico di Gianni che, più di tutti noi, ne sta custodendo la memoria. Con sua moglie Simonetta va a “trovarlo” settimanalmente al cimitero di Lambrate dove sulla tomba ha posto un maialino simbolo del locale – il più amato da Mura, assieme a La nuova Arena del fratello Gianni Mele e L'Osteria del Treno di Angelo Bissolotti – e poi lascia l'immancabile pacchetto di sigarette. Un po' più in là, in un loculo troppo anonimo per la grandezza dell'uomo, riposa un altro fuoriclasse del giornalismo sportivo, Beppe Viola. Tutti e due, Gianni e Beppe, hanno avuto per amico il gigantesco Bruno Pizzul che nel docufilm dell'Audisio ricorda il Mura campione di “mnemonica”, nella variante geografica (di solito era calcistica-musicale): «Mi sfidò in una gara di nomi dei paesi friulani senza vocale finale e dopo 275 ne aveva ancora uno». Con Gianni ci ha uniti la passione per la musica dei cantautori, le storie dei gregari di tutti gli sport, specie per i piccoli eroi esemplari di un calcio di poesia che sopravvive solo nelle nostre memorie di cuoio. Perciò sono sicuro che gli sarebbe piaciuta la storia, assolutamente unica ed esemplare, di Mike Wallace: politico irlandese, deputato al Parlamento Europeo, innamorato perso del Torino. Un vecchio cuore granata di Dublino, chioma folta e canuta, stile Robert Plant (oggi) dei Led Zeppelin, che ogni tanto si presenta candidamente all'Europarlamento in jeans e maglietta granata del Toro di Cairo. La scelta di questa fede calcistica è nelle sue radici: «Noi irlandesi amiamo gli sfavoriti», concetto che ha ribadito durante l'ultima sessione della Ue, informando l'aula della vittoria del Torino con il Sassuolo e sottolineando: «Una vittoria per gli sfavoriti, e il fatto che accada proprio nel giorno di San Patrizio mi fa immensamente piacere». Ci sarebbe piaciuto assistere dal vivo a questo momento, perché come diceva Gianni Mura: «Raccontare significa andare, vedere, attraversare».
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: