Il Messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2020, già presentato e commentato qui su "Avvenire" da Riccardo Maccioni ( bit.ly/36oUIo6 ) e Marina Corradi ( bit.ly/38G4P9g ), non fa riferimenti né, in generale, a quanto la comunicazione digitale cambi il modo di «raccontare storie» (il tema di quest'anno), né, tantomeno, al peso specifico che le cosiddette «storie» prodotte da noi utenti hanno su alcuni social network. Mi pare la prima volta, da molti anni, che l'annuale Messaggio pontificio non parla esplicitamente della Rete, ma leggo questa assenza come una conferma e non una smentita della consapevolezza del Papa in riferimento all'attuale contesto comunicativo. Dunque: tra le mille storie che mi ha raccontato la Rete in questi giorni, ce n'è una di quelle che, scrive Francesco, «profumano di Vangelo, che hanno testimoniato l'Amore che trasforma la vita», e che perciò «reclamano di essere condivise, raccontate, fatte vivere in ogni tempo, con ogni linguaggio, con ogni mezzo»?
Eccola: si intitola «Hair Love» ( bit.ly/38F144c ). È un cortometraggio animato, di sette minuti, pubblicato su YouTube il 5 dicembre scorso e già forte di 13milioni e mezzo di visualizzazioni. Autori (guidati dal regista e ideatore, Matthew A. Cherry), produttori (Sony), costi (finanziati con un crowdfunding): tutto è professionale dietro a questo film, già candidato all'Oscar 2020 per la sua categoria. Tanta tecnica, dunque, a servizio di una storia che invece è semplice come lo sono le fiabe: una bambina da pettinare, un papà impacciato, una mamma altrove. Il profumo di Vangelo che ho avvertito guardandola è quello dall'amore che circola fra i tre protagonisti e che è più forte delle prove che essi attraversano. Un effluvio intensissimo, a giudicare dalle (poche) recensioni finora comparse nella Rete italofona (tra cui quella di Giovanna Binci su "Aleteia2 bit.ly/2TV1yio ). Nulla nel film lascia intendere che questo amore si nutra di quello di Gesù Cristo. Ma come non pensarlo?
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