«Se tu, mio Dio, vuoi mantenerci in vita nonostante tutto, sii lodato in eterno! C'è un'altra preghiera, però, che vorrei rivolgerti, o Dio: se Pierre deve morire, donami di essere con lui in quel momento. Sarebbe troppo triste che Pierre, che tanto ama l'amicizia, non avesse un amico al suo fianco nell'ora della morte, per accompagnarlo». La vicenda di Pierre Claverie e del suo amico musulmano Mohamed, uccisi nello stesso attentato nel 1996 in Algeria, ha commosso molti: la pièce teatrale da cui sono tratte le righe sopra, contenute nel racconto di Adrien Candiard Pierre e Mohamed (Emi), è stata rappresentata in 11 Paesi con oltre 1.800 repliche. Racconta l'amicizia fatta di simpatia tra un vescovo cattolico e un giovane musulmano. E le righe che sopra riportiamo immaginano la preghiera del ragazzo proprio mentre gli eventi stanno precipitando. L'amicizia come forza più forte della morte, la simbiosi dei cuori come un'energia che supera la violenza omicida. Nel testamento di Mohamed che è stato ritrovato dopo l'assassinio si legge: «Che Dio, nella sua onnipotenza, faccia sì che gli sia sottomesso, e che mi conceda la sua tenerezza». Un testamento che sembra riecheggiare quell'immagine che papa Francesco ci sta continuamente richiamando: Dio Padre come il Dio della tenerezza.
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