martedì 22 febbraio 2022
Alla fine di gennaio sono andata a Roma per un solo giorno, e tornata a sera, come facevo spesso anni fa, per lavoro. All'alba a Milano l'aria mordeva: nonostante il cappotto pesante e la sciarpa, scendeva insinuante nella schiena.
Un Frecciarossa, in tre ore sei a Termini. Come scendi già ti pesa quell'inutile sciarpa, quel cappotto eccessivo. Lo slacci, insofferente. Qui ci sono dieci gradi. Ma è l'aria, l'odore dell'aria che è un altro. A Milano a gennaio l'aria ancora taglia, ancora sa di Natale e di pianure lombarde bianche di brina. Qui, è un altro mondo. L'aria già accarezza, e ha un impercettibile profumo. Qui la primavera preme, ansiosa di ricominciare. Quando ero ragazza e a ogni trasferta romana facevo, in inverno, questa scoperta, mi arrabbiavo: ma pensa, mi dicevo, quaggiù la primavera comincia due mesi prima, e noi là nella nebbia a grattare il ghiaccio dal parabrezza, al mattino. Mi sembrava un'ingiustizia. Sbarcavo alla Centrale a sera: fuori Milano luceva di pioggia fredda, nel fondo dell'inverno.
E, ieri, di nuovo. Benché lo sappia ormai, ancora la stessa sorpresa non appena scesa dal treno, lo stesso annusare l'aria e cercare di capire che c'è dentro. Erba, agrumi, mare?
Aspiro a fondo, e sorrido. Questa città mi incanta. Città? No, un'altra dimensione, dove la primavera urge e già inebria, a gennaio. Un'altra latitudine, appena a tre ore da Milano.
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