Applausi ai tifosi del Liverpool. La commozione sincera di Anfield Road che ha abbracciato idealmente Cristiano Ronaldo: un papà distrutto per la morte di uno dei due gemelli che gli ha dato Giorgina. Questa è la più bella pagina di sport che si possa leggere, specie in tempi di guerra. Voltiamo pagina, anzi dopo Furio Zara torniamo sul “fenomeno Mourinho”. Non avevamo dubbi che il ritorno del mago di Setùbal avrebbe lasciato il segno. Vero che la concorrenza dei suoi colleghi mister non è straordinaria. Simone Inzaghi, destinato al bis tricolore dell'Inter che fu di “parrucchino” Conte, gorgheggia in conferenza stampa, e non va mai oltre il commentino ««tenico», stile Trap. Oggi confronto diretto tra Inzaghino e Mou, luci a San Siro. Stefano Pioli è una gran brava persona, un “very normal people” alla Rtl, ma anche uno di quei tecnici che passano senza lasciare grandi rimpianti. Non ha lasciato ricordi indelebili alla Roma neppure Luciano Spalletti, il quale sotto la sua pelata lucente si spegne per l'aurea del collezionista di secondi posti. E vogliamo parlare dei “nevromister” Gasperini e Sarri? Due maniaci della tattica, due apprendisti stregoni da decenni, ma che non hanno mai stregato del tutto il loro popolo. E invece Mourinho quando arriva in un club ammalia (come Amalia Rodriguez). E che vinca o che perda, un titulo lo porta sempre in bacheca dopo aver messo in atto la solita rivoluzione mediatica. Le sue conferenze stampa andrebbero studiate all'Università - Scienza della Comunicazione - per lo stile, unico e inimitabile. È un fado-rock quella sua cantilena che a Milano si scioglieva in un «ma io non sono un pirla!» e che a Roma diventa l'inno di battaglia della Sud, «daje!». L'uomo per tutte le stagioni e profeta in ogni luogo. A Napoli va ai Quartieri Spagnoli e si inchina dinanzi al simulacro di Maradona. Poi torna a Roma e da buon padre di famiglia e fratello minore che ha perso una sorella giovanissima, Teresa, per leucemia, visita i i piccoli pazienti del Bambin Gesù con lo spirito dell'eterno devoto alla Madonna di Fatima. Santo subito, ma diabolico in panchina, dove da bordo campo azzanna sempre l'uomo nero. Ma l'arbitro non è il suo nemico: da copione studiato è la sua spalla ideale. E più che patron Friedkin, è Mourinho che sta facendo l'americano a Roma. Ha stravinto l'ultimo derby con la Lazio 3-0. E non disponendo di un Pupone d'oro come Totti ha lanciato una pattuglia di pupetti giallorossi anche nella paradossale Conference League, dove ha appena preso la rivincita sui «salmonari» (cito Paolo Di Canio) del Bodø/Glimt. Se dovesse battere il Leicester in semifinale e poi alzare la Coppetta d'Europa sarà “special one man show”, e spaccerà la Roma come unica realtà vincente nel mondo. Potere dei media. No strapotere del Mou.
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