giovedì 4 settembre 2014
«Osserviamo tutte le nazioni così barbare come umane, quantunque, per immensi spazi di luoghi e tempi tra loro lontane, divisamente fondate, custodire questi tre umani costumi: che tutte hanno qualche religione, tutte contraggono matrimoni solenni, tutte seppelliscono i loro morti». Nella Scienza Nuova Giovanbattista Vico, napoletano, sommo filosofo vissuto a cavallo tra il Sei e il Settecento, in un libro più che mai necessario in questi nostri tempi segnati dalla perdita di memoria e autoconoscenza dell'uomo, individua in tre fatti la nascita di ogni civiltà. Che, opera dell'uomo, ovunque conosce una religione, ovunque celebra, con solennità, il matrimonio, ovunque seppellisce i suoi morti. Sono tre fondamenti assoluti: noi siamo tali perché riconosciamo una realtà superiore, e la celebriamo insieme, ritualmente. Noi sentiamo che l'accoppiamento non può essere casuale, ma frutto di una reciproca scelta elettiva, responsabile anche verso la comunità. Noi non lasciamo i nostri morti come «insepolti cadaveri umani sopra la terra ad esser esca de' corvi e de' cani». Se la campagna è coltivata, se le città sono edificate, se esiste quello che definiamo progresso, è solo in conseguenza di tre fatti rituali, inscritti nella sfera del sacro: pregare, benedire l'unione d'amore, custodire la memoria dei nostri morti.
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