Difficile percorrere la Rete dell'informazione ecclesiale negli ultimi giorni e trovare un post non più permeato dal Natale. Tra i pochi mi sono annotato: le preoccupazioni di alcuni antimoderni per un imminente provvedimento papale; qualche esplorazione pastorale verso le persone omosessuali; una riflessione sulla fivet che dispiega su un fatto di cronaca una pietà perfetta. Anche la parabola che Marcello Matté, religioso dehoniano, ha pubblicato su "Settimananews" ( tinyurl.com/y85ufd2o ) è ambientata in queste festività, e precisamente nel giorno e nel clima di Santo Stefano. Ma la storia che egli racconta, e a maggior ragione la morale che ne trae, prescindono da tale clima: sono valide, purtroppo, per ogni giorno dell'anno.
Ecco il fatto, in tre movimenti: una banconota da cinque euro sfugge, per colpa del vento o chissà per quale altro motivo, alle mani di chi la sta donando e al cappello di chi la sta ricevendo; il mendicante chiede al benefattore la cortesia di recuperarla tra le gambe dei passanti; il benefattore si sottrae al servizio e anzi risponde con parole malevole. Ed ecco la morale, anch'essa triplice: «Capiterà spesso che i doni dei quali siamo fatti destinatari per grazia, dallo stesso Signore pellegrino sulle nostre strade, non cadano dritti nel nostro cappello e ci chiedano di metterci qualche passo da parte nostra.
La carità non può essere un gesto distratto; si fa a una persona non a un cappello, e mi devo domandare come raggiungerla. È sempre così poco quello che do in confronto a quello che ricevo da non legittimare il diritto di aggiungere giudizi, che invece dispenso "gratis" con una generosità superiore all'elemosina». Padre Matté la introduce protestando di non voler dispensare ragioni e torti: ma non si può non notare che le ragioni stanno due a uno per il mendicante. È lui che vince la partita della carità, anche se forse ci ha perduto cinque euro.
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