«Benché sia stato un membro dell’Università di Harvard, con il cuore e con l’anima sono andato molto lontano, immerso nelle scene della mia infanzia. Quelle ore che avrebbero dovuto essere dedicate allo studio sono state spese passando al setaccio i boschi ed esplorando i laghi e i ruscelli». Scrisse così di se stesso Henry D. Thoreau (al quale Antonio Di Chiro dedica una bella biografia, Il grano cresce di notte. Vita e pensiero di Henry D. Thoreau, Piano B Edizioni, pagine 250, euro 18,00). Ammissione molto rilevante, quella del grande pensatore statunitense: parole, le sue, che presagiscono il suo futuro di camminatore solitario e amante appassionato della natura. Bello, anche poetico, quell’esser stato completamente distratto da quanto avrebbe dovuto coinvolgerlo dal vero (“in presenza”), ovvero lo studio, e invece rapito e catturato da altro: dalla visione “in assenza” dei suoi paesaggi più amati. In genere, misterioso e trascinante è il divagare del pensiero, quella forma di errabondaggio interiore che ci porta a “rivedere” mentalmente paesaggi, luoghi naturali, case o invece scorci anche minimali del nostro passato: comunque, spazi. Misterioso, come spinti da lancinanti nostalgie, o mossi dal tentativo di fermare e trattenere nel ricordo scenari che altrimenti sentiremmo sbiadire, sfuggirci, noi siamo in grado di ripercorrere palmo a palmo, nel pensiero, quegli stessi luoghi, case, spazi in cui siamo stati, abbiamo abitato, o solo transitato, posti che per un motivo o l’altro stanno incisi, indelebili, nelle nostre memorie. Rivedendo e ripercorrendo a distanza tante e tali lontananze, intanto, distanziandoci dal presente, divaghiamo. Impressionante anche come allora, in quel genere di divagazione, la scissione tra il corpo e la mente sia tale da generare una vera e propria ubiquità. Da un lato c’è il nostro concreto muoverci tra luoghi e spazi fisici del presente; dall’altro lato, il nostro lanciarci a pensare altri luoghi e altri spazi, lontani, anche molto lontani, talvolta proprio remoti. Il corpo si aggira o sta fermo, comunque è lì, sta, la mente intanto invece vaga lontano. E quanta esattezza minuziosa, in quelle nostre divagazioni / ricognizioni mentali. Per Thoreau erano boschi e case d’infanzia. Per tanti di noi non è diverso: non ci sarebbe così difficile tornare a perlustrare nel pensiero, e raccontare nel minimo dettaglio, le case della nostra infanzia, o altri spazi e luoghi che sono stati particolarmente significativi e importanti nel corso della vita. Basta chiudere gli occhi, concentrarsi profondamente, per “tornare” a vederli, quei luoghi; ed ecco tutto, in un istante, ritorna. Vivido, acceso: nella massima potenza dell’immaginazione.
Dispositivi mentali che sono analoghi a quelli della fantasia di un narratore. Emilio Salgari, si sa, non viaggiò mai, eppure mari e isole dei Caraibi gli stavano chiari davanti alla mente in maniera precisissima e infallibile. Il divagare è distrazione, è creazione. Come che sia , risorsa, quando non salvezza.
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