Nel mio quotidiano monitoraggio dei “titoli con Dio”, cioè di quanto, nell'informazione in Rete, contiene un riferimento religioso abbastanza forte da emergere fino ai titoli, i migranti e profughi sono presenti sempre e in forze, talvolta a motivo del Dio in cui credono, talvolta a motivo del Cristo che sono: nel suo nome molti li accolgono, ma alcuni non li vorrebbero proprio accogliere.Tra questi ultimi, sul sito dell'agenzia “Corrispondenza romana”, leggo un editoriale del direttore, Roberto De Mattei, dal titolo eloquente, ancorché “senza Dio”: «Dall'invasione migratoria alla guerra civile» ( tinyurl.com/hgqs9sv ). La convinta tesi è che «esiste un piano organizzato per destabilizzare l'Europa [cristiana] attraverso l'invasione migratoria»; il corollario è che quelle porzioni di Chiesa che non se ne rendono conto, papa Francesco compreso, ne sono almeno involontariamente complici.Rientrano certamente in tale novero le cinque realtà ecclesiali che il sito di “Nigrizia” racconta in un Focus a firma di Marco Ratti ( tinyurl.com/zn26alb ). Una specie di «campione», visto che in Italia «un richiedente asilo su cinque si trova in strutture ecclesiastiche». A Catania c'è la metamorfosi, ad opera dei salesiani, di un ostello in un centro per minori stranieri; a Napoli quella di una casa dehoniana a famiglie migranti. A Fiesole è il seminario diocesano che si è aperto, con i suoi seminaristi, all'accoglienza; a Venegono (Varese) il Castello dei comboniani; a Genova un centro degli orionini.Nessuna novità in questa opera ecclesiale “familiare”, in piccolo e che privilegia i più fragili. Ma il fatto che sia l'informazione missionaria, così allenata e capace di raccontare i poveri e le solidarietà lontane, a fissare il suo sguardo sugli stessi poveri fattisi così prossimi, essendo in fuga da «situazioni drammatiche», e su coloro che li aiutano, dice meglio di qualunque documentato studio quello che sta succedendo, e il vero ruolo che la Chiesa sta giocando.
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