domenica 10 novembre 2019
Non so come mai siamo tanto soli: è mai andata così, nella storia umana? Provo a capire cosa non stia funzionando, ma faccio fatica. Il primo ostacolo è l'inconfessabilità della propria solitudine, da tenere nascosta come una miseria. Come una colpa, la prova regina del fallimento: nessuno che ti cerchi e che abbia voglia di stare con te. La vera oscenità nei romanzi di Michel Houellebecq è il modo – freddo, pornografico, in prima persona – in cui dà conto del suo essere solo. Ecco a Parigi il Terzo Mondo delle relazioni. Più che le disgrazie, la paura di essere soli nelle disgrazie. Più che la morte, essere lasciati soli in quel passaggio. L'altro che ti è vicino come il balsamo che lenisce ogni male. Che cosa ha distrutto le comunità naturali? Guardo quei surrogati tristi: le social street urbane, le festicciole di vicinato, i gruppi di acquisto solidale. Sia detto con rispetto: così teneramente posticci. Del social-ismo virtuale non parlo nemmeno: avatar che mimano la comunicazione. Che cosa ci è capitato? Non credo di saper rispondere. Non mi accontento di retoriche adolescenziali, l'incomunicabilità e altre storie del genere. Si fa già abbastanza fatica a costruire domande. La sensazione è che se a ragionare si partisse di qui, da questa umanissima condizione, forse la più umana fra tutte, forse ne verrebbe qualcosa di buono. Sto sbagliando?
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