Caro Avvenire, ormai siamo diventati così egomani ed “egophoni” da essere arrivati persino a parlare male di qualcuno che ci legge nello stesso gruppo WhatsApp ed ostracizzarlo senza alcuna remora. Sono stupefatta della cattiveria che può girare nelle semplici chat dei gruppi classe.
Agnese Fedeli
Padova
Gentile Agnese (se posso permettermi), rispettosamente dissento dalla sua pessimistica considerazione.
Ma, come dice il titolo di questo nuovo spazio di confronto con i lettori di “Avvenire”, l’idea è proprio di “scriverci tutto”. Senza cattiveria, ovviamente. Con uno spirito aperto e franco, invece, ispirato al dialogo costruttivo su tutti gli argomenti rilevanti. E magari anche su qualche tema ameno, perché, come lei sottolinea, nelle nostre giornate abbiamo bisogno di un po’ leggerezza e di maggiori sorrisi. Veniamo dunque al suo sfogo. Siamo davvero più egoisti ed aggressivi? Nelle comunicazioni elettroniche, per molti
di noi abituati alla buona educazione, l’impressione spesso è quella. Nessuna remora a esternare giudizi negativi e sprezzanti, fino all’attacco personale dell’interlocutore. Dal sociologo Marshall McLuhan sappiamo che il medium è il messaggio, cioè che lo strumento è esso stesso già parte del contenuto. I social, che includono i gruppi di WhatsApp, favoriscono la caduta dei freni inibitori per l’immediatezza, la semplicità e il senso di impunità, spesso alimentato dall’anonimato. Spesso possono tirare fuori il peggio dalle persone. Gli utilizzatori meno corrivi possono sfruttare qualche facile consiglio per non finire sopra le righe. Contare fino a 10 prima di schiacciare “invio” serve sempre. Non mettersi alla tastiera quando si è stanchi o irritati, finiremmo col dire qualcosa di cui ci pentiremo. E, soprattutto, si deve essere consapevoli che pretendere di convincere tutti è un’impresa disperata.E gli insensibili al galateo del Web? Tendo a escludere che siano la manifestazione di un aumento dell’inciviltà nei nostri tempi. Credo che il progresso morale esista e noi ci muoviamo sulla sua frontiera più avanzata (sebbene la perfezione non sia di questo mondo). Pensiamo alla schiavitù o alla discriminazione sistematica per razza e sesso, siamo passati dalla piena accettazione al rifiuto orripilato. E, malgrado i tragici naufragi, mai nella storia ci sono stati, come oggi, samaritani in mare a tempo pieno per salvare chi migra su fragili barche sfidando le onde.
Restano i cosiddetti leoni da tastiera, un nome che, col richiamo al re della foresta, suona quasi come un complimento. Bisognerebbe aprire un concorso per una definizione più affilata. Dice la saggezza popolare: “I maleducati si ammazzano con la cortesia”. Proviamoci, con ottimismo. Non sarà facile, ma è la via cristiana di un’amorevole correzione fraterna.