La sua passione per l'umanità ferita l'ha portata lontano: da Caronno Pertusella, Varese, le strade percorse sono state tante, e tutte impervie. Tiziana Borsani ha 54 anni, capelli corti sale e pepe, un sorriso che illumina tutto intorno, e dal 2015 dedica le sue energie a guarire le bambine e le ragazze "interrotte". Spezzate dallo sfruttamento, dagli abusi, anche travestiti da matrimoni, da famiglie che le vendono per avere una bocca in meno da sfamare.
Suor Tiziana è una salesiana, la sua missione è l'educazione dei giovani: ha lavorato in Ghana, in Costa d'Avorio nei rifugi per bambini di strada, poi in Georgia e a Mosca. Dal 2015 è in Benin e coordina le opere sociali della presenza missionaria salesiana femminile nel Paese dell'Africa occidentale, dedita soprattutto alla promozione umana e all'educazione. C'è un compito che più di tutti l'appassiona: accogliere le bambine perdute e ridare loro una speranza. «Nel Piccolo Foyer ogni anno ne accogliamo 200», racconta. Tra le diverse opere sociali oggi lavorano quattro suore coadiuvate da poco più di un centinaio di laici. Prima le ragazze venivano intercettate al mercato di Dantokpa, un intero quartiere della capitale economica Cotonou dedicato ai commerci. Da qualche anno invece il governo, pur con pochi mezzi, cerca di far rispettare le nuove leggi per la tutela dell'infanzia, e così sono la polizia e il giudice minorile (uno solo per una città di 2,5 milioni di abitanti) a chiamare suor Tiziana per affidarle le bimbe strappate ai loro aguzzini. «Proprio ieri ne abbiamo incontrate due, entrambe abusate, una costretta a un matrimonio forzato», dice ad Avvenire in una conversazione video.
Suor Tiziana Borsani - profilo Fcebook
Suor Tiziana e la sua équipe per ognuna di loro costruisce un progetto di nuova vita. «Molte non hanno né documenti né ricordi perché sono state sottratte alle famiglie molto piccole. L'illusione è di avviarle agli studi in città, ma la verità è che diventano merce nelle mani di chi le ha comprate. Cerchiamo comunque di rintracciare i parenti e di capire se c'è la possibilità di ricongiungerle a loro». In caso contrario, il Foyer propone un periodo prolungato che offre due percorsi: quello regolare della primaria, ma più spesso la "scuola della seconda chance", sempre in accordo con il giudice dei minori. «Molte di loro non sono mai andate a scuola, oppure hanno lasciato i banchi a 7, 8 anni. Così abbiamo costruito un percorso abbreviato, un progetto che negli ultimi anni il governo ha riconosciuto ed esteso a tutto il Paese: in 3 anni concentriamo l'intero percorso della primaria. Abbiamo 138 bambine e bambini, alcuni hanno 12 anni e non sono mai entrati in una classe prima d'ora… ».
Il mercato di Dantopka, uno dei più grandi dell'Africa occidentale, è la cartina di tornasole: è lì che le bambine vengono sfruttate e maltrattate, è per i vicoli sporchi che si aggirano con carichi pesantissimi di merce da vendere, è lì che si raggomitolano di notte per dormire, è lì che rimangono incinte dei loro stupratori. Li chiamano i vidomegòn, le bambine e i bambini che arrivano dalle campagne per lavorare in città. Le organizzazioni umanitarie stimano che i bambini tra i 6 e i 14 anni vittime dello sfruttamento minorile siano 500 mila: la maggior parte rimane in Benin, ma 50mila sono trasferiti in Gabon, Nigeria, Togo e Costa d'Avorio, a fare le domestiche, le prostitute, le venditrici ambulanti se femmine o, se maschi, gli schiavi nelle piantagioni di cotone o nelle cave.
All'interno dell'enorme area del mercato suor Tiziana e le consorelle presidiano un rifugio: le bambine si fermano per qualche ora, mangiano qualcosa, si riposano e qualche volta si confidano. «Cosa mi appassiona di più del mio lavoro qui? Che posso far sentire a queste creature un po' di tenerezza, e usare tutto il mio spirito salesiano per illuminare le loro vite».