Sui campi un'insidia criminale
sabato 17 dicembre 2011
Un volume d'affari di tutto rispetto, pari a 12,5 miliardi di euro. Un "fatturato" di quelli che contano e che possono fare la differenza per un comparto come quello agricolo, alle prese con mercati singhiozzanti e concorrenze non sempre limpidissime. Peccato che dietro vi sia la criminalità organizzata, che tutto ha in mente fuorché la crescita delle imprese agricole oneste e la difesa del buon nome dell'agroalimentare italiano.
Il dato deve far pensare (rappresenta fra l'altro il 5,6% dell'intero business criminale), ed emerge dal primo rapporto sui crimini agroalimentari in Italia realizzato da Coldiretti e Eurispes. Accanto ai numeri, poi, c'è la cronaca. L'operazione che ha decapitato la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, con l'arresto da parte dei Carabinieri di 11 persone tra cui il sindaco e il sequestro preventivo della ''Eurofarida Srl'' una azienda del settore olivicolo, la dice tutta sui livello raggiunto dalla criminalità in agricoltura. Basta pensare che l'azienda sequestrata vale 2 milioni di euro.
È necessario fare subito attenzione. Parlare di criminalità organizzata in agricoltura non significa riferirsi solamente ai fatti d'un tempo, quando i reati consistevano nell'abigeato, nel taglio degli alberi e nei furti nei magazzini. Gesti da condannare, che oggi sono superati da ben altro. L'azione delle cosiddette agromafie, consiste nell'investimento di proventi illeciti in attività agricole, nel settore della trasformazione alimentare, commerciale e nella grande distribuzione. Azioni finanziarie che hanno come corollario, commenta la Coldiretti, «il condizionamento della libera iniziativa economica e la concorrenza sleale». Non solo. La penetrazione della criminalità nella produzioni agricole e alimentari ha l'effetto di determinare l'aumento dei prezzi alimentari al consumo finale. E a rischio ci sono pure la qualità e la sicurezza dei prodotti, rischi ai quali si aggiunge la concorrenza sleale dovuta alla vendita di prodotti alimentari "spacciati" come italiani ma ottenuti in realtà con materie prime importate, speso di bassa qualità .
Anche in questo caso, la cronaca ci restituisce più di un esempio su cui meditare. Basta pensare agli innumerevoli casi legato all'olio di oliva, ma anche alle passate di pomodoro. Per l'olio, l'Agenzia delle dogane ha scovato muffe in oltre il 40% delle bottiglie in vendita. E non è tutto, perché la difficile congiuntura economica, amplia di fatto lo spazio d'azione proprio della criminalità organizzata nei campi. È vero che è necessario guardare con diffidenza ai prezzi eccessivamente bassi. Per l'olio di oliva, non è pensabile trovare sugli scaffali un litro di prodotto totalmente nazionale a meno di 6 euro. Ma cosa scegliere quando non si riesce ad arrivare alla fine del mese?
Accade così che nell'elenco dei problemi da risolvere con decisione, per l'agricoltura, quello della criminalità
sia da collocare ai primi posti.
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