«Su Vannacci una censura di regime» Attenzione alle parole. E al razzismo
martedì 5 marzo 2024
Caro Avvenire, mi sembra che tiri una brutta aria in Italia. Tra i tanti fatti, mi viene da sottolineare il caso Vannacci. La preoccupazione che sorge è quella riguardante la libertà di pensiero e di parola in Italia. Quando si viene sanzionati sul proprio lavoro, come nel caso di Vannacci, perché alcune opinioni espresse nel suo libro hanno compromesso il prestigio e la reputazione dell'Esercito, mi sembra, da liberale di vecchia data, che si sia oltrepassato un limite importante. In quelle sanzioni io vedo lo strisciante regime del politicamente corretto. Corrado D'Astoli





Terni Caro D’Astoli, non si può certo dire che “Avvenire” abbia censurato Roberto Vannacci e le vicende che lo hanno riguardato. Fin dall’apparire di Il mondo al contrario sono stati pubblicati cronache, commenti e un’ampia inchiesta, tutt’altro che preconcetta,
a firma di Marco Birolini il 16 dicembre scorso (https://tinyurl.com/428r5jmz). Il fatto che la sospensione dal servizio sia arrivata dopo un procedimento interno alle Forze Armate mi rafforza, però, nell’idea che il generale abbia travalicato i confini della continenza che dovrebbe caratterizzare un alto ufficiale che ha giurato fedeltà alla Repubblica. Non si tratta di limitare la libertà di parola che, come lei, ho particolarmente cara. Il libro di Vannacci ha venduto decine di migliaia di copie (o forse più), l’autore continua a essere ospite di radio e tv, il più diffuso quotidiano italiano gli ha appena dedicato due pagine di intervista a tutto campo. Se dobbiamo parlare di “regime”, non mi pare che Alexeij Navalny abbia mai trovato spazio sui media russi, che hanno silenziato pure la sua morte in carcere. Eppure, paradosso dei nostri tempi, Vladimir Putin - almeno in passato non così sgradito nemmeno al generale - risulta un paladino dell’opposizione al politicamente corretto, un tarlo che corroderebbe l’anima dell’Occidente, infiacchito e privo di autentici valori. Questa in definitiva la prospettiva che Vannacci sostiene e che legittimamente entra a fare parte del dibattito pubblico. Ciò che risulta ampiamente contestabile sta nel razzismo e nell’intolleranza striscianti che emergono dai giudizi apparentemente di buon senso che l’ormai aspirante leader di partito (già esistente o da fondare) va dispensando con costanza. Mira ai sentimenti di pancia
condivisi da gruppi di persone ai quali, mi permetta, caro D’Astoli, un po’ di politicamente corretto non farebbe per nulla male. Neri, omosessuali, immigrati, femministe: nel Vannacci-pensiero vanno presi a piccole dosi, “in casa nostra comandiamo noi e poi si è sempre fatto così, le minoranze stiano al loro posto, a volte serve un governo forte come nell’antica Roma”. Può un capo di stato maggiore propagandare sistematicamente queste opinioni che contrastano con alcuni principi della Costituzione? I vertici militari e politici hanno deciso di no, e il ministro della Difesa non è un estremista di sinistra. Un colpo basso alla Lega, cui il generale si è avvicinato, nelle lotte interne alla maggioranza di centrodestra, dicono i retroscenisti di Palazzo. Può darsi. Ma anche un segnale chiaro e condivisibile da tutti. © riproduzione riservata
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