Vita dura per i dipendenti statali che, snobbando la pensione di anzianità con 35 anni di contributi, hanno puntato al massimo dei 40 anni interi, e volendo anche più, per la pensione e per la buonuscita. La loro presenza negli uffici pubblici pesa sui bilanci dell'Inpdap, oltre che sull'immagine delle amministrazioni.
Ben tre provvedimenti di legge si occupano della "rottamazione" degli impiegati e dei dirigenti di lungo corso, in vista della loro sostituzione con personale più giovane. Ma una postilla che appare e scompare nel testo dei provvedimenti tiene in fibrillazione gli interessati. Non è ancora chiaro, infatti, se i 40 anni devono essere di servizio effettivo oppure possono essere calcolati comprendendo anche il riscatto della laurea, il servizio militare ed altri contributi di favore.
Ha iniziato la legge 112/08 che ha dato la facoltà alle amministrazioni pubbliche di licenziare, con preavviso di sei mesi, chi raggiunge i 40 anni calcolando tutti i contributi. La successiva legge 15/09 ha ristretto la norma chiarendo che si tratta di 40 anni tutti di servizio effettivo. Il nuovo decreto anticrisi, emanato il 1° luglio scorso, ritorna alla prima versione, ma nel testo della Gazzetta ufficiale, la previsione non appare, quindi oggi continua a valere il servizio effettivo. Il ministro Brunetta ha annunciato che la "svista" sarà sanata nella conversione in legge del decreto. Sono al riparo dal pensionamento coatto i magistrati, i professori universitari, i dirigenti medici responsabili di strutture complesse.
Pensione con 40 anni. In attesa di conoscere la norma definitiva sul calcolo dei 40 anni, per i dipendenti interessati si presentano due possibili effetti sulla pensione.
Ipotesi A, 40 anni con tutti i contributi. Il licenziamento non influisce sul trattamento di pensione previsto. Tutto fila liscio alla luce delle normali regole pensionistiche dell'Inpdap (e in alcuni casi dell'Inps).
Ipotesi B, 40 anni solo col servizio effettivo. In questo caso, i riscatti e gli altri contributi di favore non risultano più un vantaggio per raggiungere i 40 anni. Chi ha già pagato per queste operazioni sembra che abbia sprecato i propri soldi. In realtà non è proprio così. Le leggi indicate si limitano ad indicare solo un comportamento (di licenziare) diretto a tutte le amministrazioni pubbliche. Consegue quindi che, lasciando il servizio, i dipendenti si ritroveranno un'anzianità contributiva maggiore, da un minimo di 41 (col servizio militare) fino a 44-46 anni (con i vari riscatti). Le pensioni tuttavia devono essere calcolate sempre su una base massima di 40 anni di contributi. L'Inpdap ha risolto il problema dei contributi in più calcolando due pensioni: una considerando tutti i contributi utili fino al 1992 e aggiungendo i successivi fino a totalizzarne 40; l'altra considerando tutti i contributi post 1992 e aggiungendo quelli anteriori quanto basta a 40 anni. Andrà in pagamento la pensione di importo più favorevole.
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