Ben prima della pandemia e dell’avvento massiccio dell’intelligenza artificiale, sull’efficacia o meno delle riunioni lavorative (e di tutte le riunioni in generale) esistevano decine e decine di studi, di libri e di articoli. Non ho dati precisi, ma nel mondo pochi sembrano amarle, i più pare le sopportino. E per motivi diversi: troppo lunghe, troppo noiose, troppo inefficaci e persino, pare, troppo faticose. Insomma, per i più invece che un’occasione di confronto sembrano essere diventate un male necessario. Con la pandemia e il lavoro da remoto sono arrivate poi le video riunioni e con esse anche i bambini o gli animali di casa che apparivano in campo, i compagni o le compagne che urlavano o dicevano frasi inopportune dall’altra stanza oppure piccoli incidenti con le immagini di persone con giacca e cravatta sopra e pantaloni del pigiama sotto e via di questo passo. Allora si parlò persino di Zoom fatigue. Cioè della difficoltà fisica di seguire gli incontri online attraverso le piattaforme. Ora siamo davanti a un’altra svolta, che potrebbe essere notevole. Anzi, a due. La prima: nel 2025 proprio Zoom ci permetterà di partecipare alle riunioni online in versione avatar, cioè con una nostra immagine «fotorealistica animata dall’intelligenza artificiale». In pratica: dopo avere registrato un nostro video, Zoom creerà un nostro clone digitale, «completo di testa, parte superiore delle braccia e spalle». Quando vorremo usarlo, ci basterà digitare durante una video riunione
«ciò che vogliamo che il nostro clone dica «e Zoom genererà un audio che si sincronizzerà con i movimenti delle labbra dell’avatar». Per il team di Zoom tutto questo «aiuterà la produttività delle riunioni» ma è già facile intuire che tutto questo porta anche un altissimo rischio di creare falsi. La seconda svolta non è da meno: pochi giorni fa, HeyGen ha svelato una nuova funzionalità chiamata Interactive Avatars che sembra già l’evoluzione dell’idea di Zoom. Permette infatti non solo di creare nostri cloni digitali ma di farli partecipare anche a più riunioni di Zoom contemporaneamente. A dare retta a HeyGen non solo questo cloni hanno il nostro aspetto e usano la nostra voce ma imitano anche il nostro stile. E al termine delle riunioni - come già fanno diversi programmi che usano l’IA - ci forniranno riassunti e video registrazioni di quanto accaduto, mandando anche mail personalizzate a ogni partecipante per ricordargli i compiti che gli sono stati assegnati. Al momento HeyGen mette un po’ le mani avanti e spiega che la novità «potrà essere usata per fare formazione online, incontri di vendite, colloqui o assistenza nell’apprendimento delle lingue o in sedute di terapia», ma il prossimo futuro è già intuibile. Non a caso il ceo di Zoom, Eric Yuan, l’ha già delineato: «creare intelligenze artificiali che un giorno potranno parlare per te nelle riunioni Zoom, rispondere alle e-mail e ricevere telefonate». A questo punto, qualcuno avrà fatto un bel respiro di sollievo, pregustando già il senso di liberazione dalle riunioni e la soddisfazione di mandare al nostro posto in incontri che non vediamo l’ora di evitare un nostro clone digitale. Ma non bisogna essere un romanziere alla Philip Dick per immaginare una riunione del prossimo futuro con tutti cloni digitali che non solo si confrontano tra loro senza la presenza di alcun essere umano ma prendono anche decisioni a nome e per conto di chi non c’è. Così dall’attuale (piccolo) fastidio delle riunioni, passeremmo a un altro probabilmente ben più grande e pericoloso. © riproduzione riservata
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