Sotto il vestito, semplicemente Bebe (e tutta una squadra)
mercoledì 19 ottobre 2016
Bebe Vio, campionessa paralimpica di fioretto ai Giochi di Rio è stata ieri ospite d'onore alla Casa Bianca, per la State dinner la cena del premier Matteo Renzi con il presidente Barak Obama. Insieme a lei altre tre donne simbolo dell'eccellenza femminile italiana nel mondo: Fabiola Giannotti, direttrice del Cern, Paola Antonelli, curatrice del dipartimento di Architettura e Design del Moma di New York e Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa. Questa squadra di donne, ben composta per l'occasione dal coach Renzi, mette insieme sport, scienza, arte e politica, quella bella e ben interpretata dalla sindaca Nicolini, ovvero la capacità di prendersi cura della pólis un luogo fisico dove uomini e donne possano sentirsi organicamente parte di una comunità e partecipare alla costruzione del bene comune.Di Bebe, la campionessa sportiva del quartetto, è circolata in modo virale una fotografia: lei con un bellissimo abito bianco della maison Dior, indossato per l'occasione e che lei stessa ha pubblicato in rete. Certo è legittimo dare un po' di spazio all'aspetto "mondano" dell'evento, ma è opportuno ricordare e sottolineare ancora una volta, la storia che è all'interno di quel vestito. Bebe, è una ragazza che a undici anni è stata colpita da una meningite fulminante che le ha risparmiato la vita, ma le ha chiesto in cambio avambracci e gambe. Bebe, con l'aiuto della sua straordinaria famiglia, subito dopo le amputazioni, ha ripreso a fare tutto, esattamente tutto, ciò che faceva prima. E fra le cose che faceva prima c'era il tirar di scherma. Grazie allo sport, con l'aiuto della scienza ieri ben rappresentata al tavolo di Obama che le ha messo a disposizione protesi efficientissime, con l'aiuto di buone maestre che l'hanno ispirata (lei spesso ringrazia tre campionesse come Valentina Vezzali, Elisa Di Francisca e Arianna Errigo), è finita in mezzo a persone che sono in grado di orientare le decisioni e i destini del mondo. Insomma a quel tavolo imbandito Bebe si è seduta portando, essendone meraviglioso esempio vivente, la capacità dello sport di modificare il corso della propria e delle altrui vite. Lo ha fatto apparentemente grazie a una straordinaria forza di volontà individuale, accompagnata sempre da un sorriso e una capacità di non piangersi addosso fuori dal comune.Naturalmente quell'ingrediente, la sua volontà di ferro, è stato fondamentale, ma non sarebbe stato sufficiente senza una squadra intorno: i suoi genitori, prima di tutto, i suoi allenatori, quelle muse ispiratrici e campionesse di tutto che l'hanno spinta e accompagnata lungo la sua adolescenza. Una delle cose magiche dello sport è proprio l'enorme possibilità che i grandi campioni hanno nell'ispirare migliaia di ragazzi e di ragazze che in quei campioni vedono un punto di riferimento. Dovrebbero ricordarsene più spesso i proprietari di quei cognomi che sono stampati sulla schiena di milioni di magliette sportive vendute in tutte il mondo. Essere un campione comporta ricchezza, benessere, privilegi e saper restituire è un'arte. Bebe ha ricevuto tanto e, oggi donna e campionessa olimpica, restituisce a piene mani. Lo ha fatto con una dichiarazione passata un po' in secondo piano, rilasciata subito dopo le sue medaglie di Rio. Ha dichiarato che la medaglia di bronzo della gara a squadre è stata per lei molto più importante di quella d'oro individuale. La cosa straordinaria è che lo crede davvero, fidatevi.
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