Cormac McCarthy, scrittore americano deceduto lo scorso anno, è stata una delle grandi voci della narrativa contemporanea. Capace anche di indagare, con la metafora della frontiera e l’ambientazione in un West selvatico, violento e crudele, il mistero del male e la possibilità (nascosta) di Dio. Il suo penultimo romanzo, Il passeggero (Einaudi), trasuda anch’esso di interrogativi religiosi. Come nel dialogo tra il protagonista Western e un personaggio femminile: «“Tu ci credi in Dio?”. “Sinceramente?”. “Certo”. “Non so chi o che cosa sia Dio. Ma non credo che tutto questo sia arrivato qui da solo. Io inclusa. Forse tutto evolve esattamente come dicono. Ma se indaghi la fonte, a un’intenzione alla fine ci arrivi per forza”. “Indagare la fonte?”. “Ti piace?. È Pascal. Circa un anno più tardi mi sono di nuovo svegliata ed era come se avessi sentito questa voce nel sonno e riuscivo ancora a sentirne l’eco e diceva: Se qualcosa non ti avesse amato non saresti qui. E mi sono detta okay. D’accordo. Ci sta. Non sembrerà chissà che. Ma per me lo era».
In quel «se qualcosa non ti avesse amato non saresti qui» si può percepire un rimando alla verità teologica che l’apostolo Giovanni esemplifica più volte nelle sue Lettere: «Dio è amore». E per amore ha creato il mondo e gli uomini e le donne. Siamo qui perché siamo stati amati.
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