Caro Avvenire, la drammatica escalation in Medio Oriente ci dimostra, ancora una volta, che gli estremismi e i fondamentalismi politici, culturali e religiosi alimentano solo guerre e varie forme di violenza, senza risolvere i problemi che sono alla base dei conflitti. Le evidenti responsabilità di Hamas per le azioni terroristiche nei confronti di Israele non giustificano reazioni sproporzionate. Il rischio di una guerra nucleare deve essere evitato a ogni costo, ricercando le necessarie mediazioni per un nuovo equilibrio geo-politico che garantisca la pace. In questo contesto sarebbe auspicabile che l’Unione Europea dimostrasse di esistere politicamente con una forte iniziativa diplomatica.
Bruno Cassinari
Piacenza
Caro Cassinari, il suo auspicio è l’auspicio di tutti in queste ore drammatiche. O, almeno, dovrebbero esserlo. Tuttavia, come dice lei, molti continuano a pensare che la guerra possa risolvere i problemi e appianare con la forza le divergenze. E così si entra in una spirale senza fine, a meno che si compiano gesti coraggiosi tesi a interrompere la logica bellica. Eppure, proprio nella regione del mondo crocevia delle principali religioni monoteiste continuiamo vedere che i leader, ma anche i popoli, cadono nella tentazione di ragionare come se l’altro da noi fosse solo un nemico da abbattere.
In questo ultimo anno di morte e distruzione, il primo a commettere tale errore è stato Hamas. Si festeggiava l’orribile pogrom del 7 ottobre nelle strade di Gaza e oggi si rimpiange amaramente come era la Striscia prima di essere devastata dai bombardamenti e dall’invasione di Israele. Tutt’altro che un paradiso, ovviamente. Con forti restrizioni di movimento e povertà diffusa. Ma con circa 35 piccoli ospedali abbastanza ben funzionanti e almeno 10 tra università e centri di istruzione superiore attivi. Oggi, la gran parte della popolazione vive sfollata con poco cibo, quasi nessuna assistenza medica e molte scuole rase al suolo. Chi non si è pentito, se non delle uccisioni provocate, almeno dei danni che ne sono seguiti?
E, a parti inverse, tantissimi cittadini di Israele biasimavano il premier Netanyhau per l’impreparazione di fronte all’attacco da Sud e poi l’azione militare successiva, condotta con un eccesso di forza sui civili, senza un piano per il futuro. Oggi che i
servizi segreti e le forze armate hanno raggiunto obiettivi inseguiti da anni in Libano contro Hezbollah si torna a salutare il capo di governo quale grande difensore della nazione, capace di uccidere i terroristi che da anni mettevano gli ebrei nel mirino. Se però la rappresaglia dell’Iran diventerà più pesante e le città dello Stato ebraico saranno colpite dai missili si tornerà a biasimare chi ha scelto l’escalation e portato in casa ulteriori vittime e sofferenze.
Lo stesso vale per l’Iran, dove si va in piazza per inneggiare ai missili lanciati contro “l’entità sionista”. Senza fare i conti con l’assurdità di tale odio, la pochezza delle proprie risorse e la vulnerabilità delle difese, che costeranno care anche alla gente comune.
Come è evidente, caro Cassinari, non stiamo discutendo di principi morali e legalità internazionale. Facendo semplicemente un bilancio egoistico sulla propria pelle, emerge la follia della guerra. Una constatazione che ancora non piega il risentimento e la volontà di vendetta che rimane, ahinoi, diffusa.
Qui potrebbero certo agire i Paesi che hanno imparato questa lezione dalla storia, come sono quelli dell’Unione Europea, enclave di pace nel mondo. Sono stati invece troppo cauti o timorosi, lasciando crescere l’escalation, incapaci di mettere in campo iniziative efficaci. Spiace dirlo così: consideriamo il contingente Unifil dell’Onu, che sul confine libanese-israeliano dovrebbe contribuire da decenni alla distensione tra le parti, bloccando il riarmo dei gruppi radicali. Allo scoppio delle ostilità si chiude nei bunker e, se le cose peggiorano, si ritira del tutto.
Certo, sono pochi soldati e con precise regole di ingaggio; l’impressione che ne ricava l’opinione pubblica è comunque sconfortante. L’Europa doveva premere su Israele perché la reazione a Gaza fosse proporzionata e intervenire con vari strumenti perché la galassia sciita guidata da Teheran non mettesse sotto mortale minaccia Tel Aviv. Non facile come a dirsi. Provare con più determinazione era doveroso. E forse non è troppo tardi.
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