È solo un gatto. Un gatto nato all'addiaccio nella periferia sud di Milano, aggredito da un cane quand'era piccolissimo. Trovato ferito e salvato da Elizabeth, una di quelle donne gentili che vengono chiamate gattare, e adottato da noi. Scipione, così si chiama, è un comune gatto europeo dal manto tigrato. Cauto è rimasto, dopo la brutta avventura con il cane, e timido. Ma elegante e agilissimo, gli occhi verdi che scrutano attenti, prima di decidere se avvicinarsi.
Questa mattina, nella quiete dello studio, silenzioso è entrato, poi senza alcuno sforzo né rumore è saltato sullo schienale della poltrona. Lo sguardo mi si è fermato sulla assoluta grazia di quel salto. Ho pensato a che prodigio di neuroni, ossa, muscoli è un gatto, un semplice gatto, come ce ne sono milioni. L'ho osservato, fiero in cima alla poltrona come la polena sulla prua di una nave, le pupille strette a fessura nella luce del sole. Com'era bello.
Allora mi è sorta come una gratitudine per questa bellezza, per la perfezione di un umile gatto salvato per caso. Quanta bellezza, gratuitamente data.
Da ragazzina dicevo che i gatti sono una prova dell'esistenza di Dio, mi è venuto in mente. Ho sorriso: beh, di tanto poi non mi ero sbagliata.
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