Diciamolo subito: non c'era particolare attesa per una miniserie tedesca d'inizio estate. Anche il titolo, almeno nella traduzione italiana, non era così intrigante: Volevamo andare lontano - Bella Germania. L'unica curiosità sulla fiction andata in onda lunedì e martedì in prima serata su Rai 1 nasceva dal tema dell'immigrazione che si annunciava sullo sfondo. Tratta infatti dal romanzo di Daniel Speck, Volevamo andare lontano racconta la storia di immigrati italiani in Germania, dagli anni Sessanta a oggi, sviluppandola su tre piani temporali che coinvolgono tre generazioni, un'unica famiglia e un “intruso”. La giovane designer Julia incontra a Monaco il vecchio Alexander, un uomo a lei sconosciuto, che le rivela di essere suo nonno naturale. Alexander sta cercando il figlio Vincenzo, il padre di Julia che la ragazza credeva morto da molti anni, nato negli anni Cinquanta dal fugace incontro a Torino con Giulietta, una bellissima ragazza italiana. Ignara di tutto ciò, Julia inizia a scavare nel passato della sua famiglia alla ricerca delle sue origini. Finalmente, grazie allo zio Giovanni, Julia riesce a incontrare a Torino il padre Vincenzo scoprendo che dietro le vicende di casa si celano drammi e segreti che portarono l'uomo a rompere tutti i rapporti col padre biologico. Ma sarà proprio Julia a far sì che sia fatta luce sui misteri e a ricomporre i lacerati rapporti familiari. L'impressione finale è quella di una telenovela degli amori impossibili, impostata a flashback con continui salti temporali che non aiutano la narrazione, qualche colpo di scena più o meno prevedibile e sullo sfondo, ma proprio sullo sfondo, il tema dell'immigrazione trattato con molti luoghi comuni. Per non parlare dei macchiettistici accenni ai movimenti studenteschi, al Sessantotto, alla banda Baader Meinhof e alle Brigate rosse. Non ci sembra, in questo senso, che gli autori tedeschi della fiction siano stati in grado di rileggere la storia, soprattutto quella italiana, dal dopoguerra ai nostri giorni compresi gli anni di piombo. Da salvare, però, il riconoscimento, molto esplicito nel finale, dell'importanza dei legami di famiglia, in particolare tra genitori e figli, al di là dei vincoli biologici.
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