L’estate non è ancora arrivata, ma abbiamo già il primo gelato AI, cioè creato dall’intelligenza artificiale. Si chiama AI Terra, l’ha firmato una gelateria milanese, ed è «a base di crema al cioccolato bianco, salsa balsamica ai frutti di bosco e pepe nero caramellizzato». Ormai per attirare la nostra attenzione tanti usano la parola intelligenza artificiale, in positivo («progettato dall’IA») o in contrapposizione (per esempio: «questa cosa, l’IA non la farà mai»). E il risultato è che spesso facciamo fatica a capire cosa sia davvero. Ci chiediamo: davvero serve un computer per creare nuovi gusti di gelato? In realtà l’intelligenza artificiale è un mondo (come quello dei computer) che contiene moltissime cose diverse. Alcune sono utilissime, come quelle in campo medico, per diminuire errori e migliorare le diagnosi ma anche per aiutare le persone che hanno subito gravi traumi infantili. Ovviamente
un campo molto gettonato è quello della cura degli animali: servizi come Petcube o Furbo Dog Camera, per esempio, utilizzano l’AI per farci monitorare i nostri animali domestici, farci interagire con loro da remoto e persino dare loro dei dolcetti o dei croccantini. Persino le gare di Formula 1 stanno sperimentando l’IA. E in prima fila ci sono gli Emirati Arabi, che puntano a diventare una mega potenza nell’uso dell’intelligenza artificiale. Per far dimenticare critiche e preoccupazioni sul loro rapporto con i diritti umani e su come un massiccio uso dell’IA potrebbe peggiorare le cose, tra i tanti progetti hanno creato anche il primo campionato di auto stile formula 1 senza pilota. Si è svolto ad Abu Dhabi, qualche giorno fa. E i risultati hanno mostrato (col, sollievo di molti) come la strada per queste gare senza pilota sia ancora lontana:
alcune vetture hanno impiegato un’ora per fare otto giri di pista e altre sono andate da sole in testacoda o contro i muretti a bordo pista. Niente, rispetto ad altro usi dell’intelligenza artificiale che ci obbligano a fare più ampie riflessioni. Parto dal più banale, emerso in questo giorni. Davanti alla crescente difficoltà di alcuni macelli di trovare personale che accettasse di fare le pratiche più cruente sugli animali, in America hanno “assunto” per compierli dei robot guidati dall’IA. Le macchine, infatti, se programmate a dovere possono essere empatiche e prendersi cura di uomini e animali, ma anche essere spietate e senza rimorsi di coscienza. Se pensiamo ai conflitti, per esempio, già oggi per bombardare i usano strumenti come i droni guidati da remoto che di fatto allontanano chi li comanda dal teatro di guerra, mettendo una distanza importante (che non è solo fisica ma anche emotiva) tra le vittime e gli assassini. A breve avremo armi IA che decideranno da sole quali nemici uccidere e così chi le avrà schierate potrà persino fingere di non avere responsabilità. Per la serie: la colpa non è mia, ma delle macchine. E che dire della crescita esponenziale di servizi che offrono ragazze e ragazzi digitali, creati con l’intelligenza artificiale su misura (in età, altezza, colore della pelle e degli occhi e così via) disposti a chiacchierare, flirtare, esibirsi, spogliarsi o avere conversazioni anche sessuali? Personalmente spero sia una boutade ma Greg Isenberg, CEO di Late Checkout, ha scritto che a breve il business di incontri online tra esseri umani e fidanzate/i creati dall’IA potrebbe arrivare a 1 miliardo di dollari. Ciò che fa riflettere, davanti a queste notizie,
non è tanto il fatto che l’IA possa essere impiegata per usi molto diversi (anche un martello può essere usato per costruire o per uccidere) ma che è davvero destinata a cambiare in profondità anche il nostro modo di relazionarci col prossimo. La nostra affettività e, in potenza,
anche la nostra sessualità. © riproduzione riservata
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