Scuola, il Fondo per il merito elude la contribuzione Inps
giovedì 31 marzo 2016
Con un decreto ministeriale, di prossima emanazione, prenderà il via nelle scuole il "Fondo per la valorizzazione del merito" con lo scopo di valutare l'impegno personale dei docenti – e tra questi gli insegnanti di religione – e di corrispondere ai migliori un premio di rendimento. In sintesi, il Fondo dispone di 200 milioni di euro da distribuire tra le istituzioni seguendo precisi criteri: l'80% in base al numero dei docenti di ruolo in servizio ed il 20% seguendo la diversa composizione degli alunni, con una media di 23 mila euro ad istituto e di 280 euro per ciascun docente in organico. L'attribuzione dei premi è demandata localmente ad appositi Comitati di valutazione.Il nuovo Fondo nasce tuttavia in forte opposizione con le posizioni dei sindacati. Per i docenti di religione, il sindacato di categoria Snadir segnala un contrasto normativo con la legge per la "buona scuola" (n. 107/2015 istitutiva del Fondo). Il decreto, non ancora ufficiale, prevede infatti tra beneficiari solo gli insegnanti di ruolo ed esclude i docenti a tempo determinato, fra i quali vanno considerati anche gli incaricati annuali di religione. Benché il bonus abbia natura di «retribuzione accessoria» – e di fatto regolato dai Comitati di valutazione – vengono scavalcate le prerogative del Collegio dei docenti e la funzione contrattuale del sindacato nella definizione del salario accessorio.Assegni senza "merito". È stato disposto che l'importo del premio non sia valido ai fini pensionistici, essendo considerato come compenso accessorio. Il decreto restringe così il "merito" del docente ad una valutazione puramente economica e contingente, per pura discrezionalità del legislatore. I circa 300 euro del bonus saranno quindi soggetti alle ritenute fiscali ma non ai contributi Inps. È comprensibile la prudenza della legge per evitare ogni aumento della spesa pubblica e, in particolare, di quella pensionistica. Ma l'esenzione dai contributi Inps si traduce di fatto in una perdita reale sul futuro assegno pensionistico, benché contenuta dal calcolo contributivo.Sui compensi accessori, utili anche per la previdenza, sono da tempo in vigore regole pressoché assolute e generali, che risalgono alla riforma Dini del 1995 e confermate per il settore della scuola dalla circolare Miur n. 138 del 4 aprile 1996 «... per il calcolo dei contributi si considera retribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve in dipendenza del rapporto di lavoro…». Pur a fronte delle autonome scelte del legislatore, è tuttavia palese una disparità di trattamento tra lavoratori, fonte di un contenzioso scarsamente opponibile dalla pubblica amministrazione.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI