Come piacerebbe ai cristiani essere visti da chi cristiano non è? Un gruppo di persone dedite al bene? Alla solidarietà verso i poveri? I detentori di una verità indefettibile? Un gruppo di persone che si accolgono nelle loro diversità?
Tutto questo va benissimo e si tratta di aspetti condivisibili. Ma l'elemento che rende il cristianesimo radicalmente diverso da ogni altra religione sulla terra è l'annuncio di un fatto inaudito: la nuova vita di un cadavere.
Nel romanzo Barabba (Bur) di Pär Lagerkvist vi è qualcosa del genere quando il protagonista, di ritorno sulla via Appia, pensa ai seguaci di quel Cristo che morì al suo posto: «La morte! L'aveva sempre dentro di sé, l'aveva avuta dentro di sé per quanto aveva vissuto. Essa lo inseguiva dentro lui stesso, nei suoi cunicoli, nei suoi intimi scavi di talpa e lo empiva del suo sgomento. Anche se ormai era tanto vecchio, anche se più non desiderava di vivere, essa lo colmava pur sempre del suo terrore. No, no, non morire! non morire! (…) Ma quelli, quelli si riunivano per pregare il loro Dio, per unirsi con lui e fra loro. Quelli non avevano paura della morte l'avevano sconfitta».
Eccola una definizione che davvero rende onore ai cristiani: coloro che hanno sconfitto la morte! Grazie a Cristo, è davvero così. Così?
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