La spietata sfida del Cacciatore, fino all'ultimo lupo
lunedì 19 marzo 2018

Lui è un Cacciatore di lungo corso, uno che insegue i lupi, i pochi esemplari che sono rimasti in Inghilterra, con una determinazione spaventosa. Lo spinge un’ossessione diventata ragione di vita: conquistare un primato esclusivo, diventare unico e famoso, l’uomo che ha ucciso l’ultimo lupo. Accompagnato da una cagnetta storpia ma intelligente e di buon fiuto, il Cacciatore da anni si aggira come un’ombra tra i boschi all’inseguimento del piccolo branco sopravvissuto al suo massacro, esaminando tracce, orme, macchie sui sentieri, con una precisione maniacale.

Non hanno più scampo i pochi esemplari rimasti, inseguiti e braccati, che hanno imparato a diventare invisibili per anni. È una caccia lunga, minuziosa, estenuante, calcolata e vigliacca quella che il Cacciatore mette in atto con la determinazione e la violenza di un serial killer prima al branco poi all’ultimo lupo sopravvissuto di una cucciolata sterminata. La racconta con lo sguardo di chi conosce entrambe le nature, quella umana e quella animale, Melvin Burgess - super premiato autore britannico, candidato per la Gran Bretagna all’Hans Christian Andersen Award 2018 – in questo romanzo, Il grido del Lupo, tradotto da Angela Ragusa e pubblicato da Equilibri, che è entrato anche nella cinquina del Premio Strega Ragazze e Ragazzi di quest’anno nella sezione degli over undici anni. Attraverso la figura del Cacciatore, uomo senza nome, senza volto e senza qualità se non quella di essere un sanguinario, Burgess racconta quanto possono essere spietati gli uomini. Di quali bestialità siano capaci e quale sottile e sadico piacere possa procurare l’esercizio della violenza fine a se stessa. Dai 13 anni

Partito di nascosto, in compagnia di una ragazzina sola e inquieta come lui, lasciandosi alle spalle la malandata catapecchia dove è cresciuto con lo zio, Best ha raggiunto, attraversando la Grande Palude, il faro tanto fantasticato dove da solitario guardiano vive suo padre. Best lo conosciamo, perché questo nuovo romanzo di Davide Rondoni, Best della grande palude (San Paolo; 14,50 euro) continua la storia di Se tu fossi qui, Premio Andersen 2015 come miglior libro oltre i 15 anni.

Ora che padre e figlio si sono ritrovati, il passato che li ha tenuti separati esige risposte mentre il presente offre continue occasioni per osservarsi e riconoscersi in vista di nuove separazioni. Tutto sembra più facile, anche vedersi come una vera famiglia in quel luogo isolato dal mondo, in faccia all’oceano dove la natura offre sguardi maestosi, spettacolari spesso malinconici che placano i cuori e fanno venir voglia di star lì per sempre. Un tempo breve come un respiro, perché dal mare non tardano ad arrivare pericoli e rischi che si pensavano superati. Una banda di contrabbandieri dà l’assalto al faro e minaccia gli abitanti di morte se non asseconderanno i suoi loschi traffici. Da qui in poi il romanzo procede per colpi di scena, attimi di suspense e di brividi, arrivi inaspettati, epiloghi misteriosi e insospettabili per il lettore. Rondoni replica un romanzo di formazione asciutto e poetico sull’essere figli e padri. Figli che sanno scegliere la propria vita e allontanarsi dopo aver capito bene da dove arrivano. E padri che non abdicano al dovere di continuare a illuminare il cammino altrui. Dai 13 anni.

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