Quanto è difficile essere santi al giorno d'oggi. Non è una domanda, solo una constatazione. La santità appare una meta irraggiungibile, un qualcosa a cui arrivare forse solo in circostanze eccezionali, quelle che trasformano gli uomini normali in eroi, in santi. Ecco, diventare santi, alla fine, dipende dalle occasioni. Tutto qui. Ci consoliamo dicendo a noi stessi, e magari anche agli altri, o anche insegnandolo ai nostri figli, che "se capitasse l'occasione giusta probabilmente anche io potrei diventare santo". Se capitasse.
Questa idea della santità è tanto "antica" quanto radicata. Alzi la mano chi dice che non è vero. L'idea che possa esistere una santità diversa ci è totalmente estranea. Che possa essere una santità di ogni giorno, quotidiana, neppure ci sfiora. Troppe beghe, il traffico, l'idraulico che ci avverte che oggi non viene e noi abbiamo sprecato un giorno di ferie, il lavoro che non è tutto rose e fiori, l'inquilino del terzo piano che sgrulla la tovaglia dalla finestra e proprio sulla mia biancheria stesa. D'accordo, Gesù ha detto "se ti danno uno schiaffo porgi l'altra guancia", ma questo non vuol dire che se uno struscia il parafango della mia macchina io gli debba dire "prego si accomodi, mi righi anche l'altro". A tutto c'è un limite. O no?
Nel 1980, in visita a Norcia, Giovanni Paolo II spiegò come san Benedetto «leggendo i segni dei tempi, vide che era necessario realizzare il programma radicale della santità evangelica... nelle dimensioni della vita quotidiana di tutti gli uomini. Era necessario che l'eroico diventasse normale, quotidiano, e che il normale, quotidiano, diventasse eroico». Va bene, ma che significa all'atto pratico?
Domenica scorsa, nell'omelia della Messa per la canonizzazione di dieci nuovi santi, Francesco ha detto che il punto da capire, e da cui partire, è quella frase in cui Gesù dice che «come io ho amato voi così amatevi anche voi gli uni gli altri». «Così come Lui mi ha amato – ha proseguito –
così io posso amare. È così semplice la vita cristiana, è così semplice! Noi la rendiamo più complicata, con tante cose, ma è così semplice». In concreto, ha spiegato Francesco, vivere questo amore vuol dire «servire e dare la vita. Servire, cioè non anteporre i propri interessi; disintossicarsi dai veleni dell'avidità e della competizione; combattere il cancro dell'indifferenza e il tarlo dell'autoreferenzialità, condividere i carismi e i doni che Dio ci ha donato. Nel concreto, chiedersi "che cosa faccio per gli altri?". Questo è amare, e vivere le cose di ogni giorno in spirito di servizio, con amore e senza clamore, senza rivendicare niente». Perché la santità «non è fatta di pochi gesti eroici, ma di tanto amore quotidiano. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato o sposata? Sii santo e santa amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore, una donna lavoratrice? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli, e lottando per la giustizia dei tuoi compagni, perché non rimangano senza lavoro, perché abbiano sempre lo stipendio giusto. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali». È così facile essere cristiani...
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