Oggi è giorno di derby: sotto al Cupolone si gioca Roma-Lazio. Ma alla vigilia non si parla dell’ultima sfida romana, forse, tra Lukaku e
Immobile o della prima dei due allenatori, il romanista Daniele De Rossi contro il laziale Igor Tudor. Macché, si discute solo di possibili vendette, di ritorsioni tra gli ultrà: per colpa di una parte degli sbandati di Curva, Nord e Sud, dal derby del 21 marzo 2004 (quello della fake del “bambino morto”), questa stracittadina ormai si disputa sempre prima del tramonto (in campo alle ore 18). Lo fanno per evitare eventuali aggressioni e guerriglie notturne. Ma tanto poi gli scontri si verificano lo stesso, con l’attacco, a volte anche congiunto, alle forze dell’ordine, vero nemico giurato di entrambe le opposte fazioni. Opposte eppure unite nel disgustoso antisemitismo dilagante. Alla vigilia, l’ultima pubblica denuncia è quella dell’assessore alla Memoria della comunità ebraica romana Daniele Massimo Regard, giustamente indignato per i cori
antisemiti e gli adesivi trovati in alcuni quartieri di Roma raffiguranti Mussolini e Hitler con maglie
giallorosse che accompagnano ad Auschwitz Mr. Enrich, il simbolo dei tifosi della Lazio. Questa volta Anna Frank, e la sua figurina in maglia romanista, è stata risparmiata dall’assurda iconografia di questi soggetti da romanzo criminale. «Fermate la partita, vedrete che nel momento in cui accadrà il tifoso che non ha fatto niente sarà lui il primo a ribellarsi, perché interrompe anche il suo diritto di godere del calcio», ha tuonato Regard dai microfoni di Radio Roma Sound. Sottoscriviamo in toto il civilissimo appello, ma il problema è che difficilmente si arriverà a uno stop del derby o di ogni altra partita di Serie A. Felici di essere smentiti, ma siamo quasi certi che anche oggi dalle due Curve dell’Olimpico partiranno i soliti cori oltraggiosi e le parole dell’odio verranno anche stampate sui drappi della vergogna. Come quello che ha colpito lo scrittore Christian Raimo, al quale dopo la sua provocazione lanciata su La7 (a L’aria che tira) «i neonazi andrebbero picchiati», ha prontamente risposto la frangia estrema degli irriducibili laziali con lo striscione: “Raimo maiale… quanno te pare”. Noi cresciuti con il mito di quei piccoli eroi esemplari descritti in Capitani (Piemme) da Gianfelice Facchetti rimpiangiamo una Curva Nord che invocava “Giorgio Chinaglia è il grido di battaglia” e una Sud che rispondeva con “Ago, Ago, Agostino” chiedendo a Di Bartolomei di piazzare la “bomba”, ma nella rete avversaria. Ecco, anche in uno stadio, siamo passati dalle “bombe” da calcio di punizione, alla giustificazione dei bombardamenti sui civili di tutte le guerre in corso. Di fronte a tutto questo, non ci resta che appellarci a Il disertore di Boris Vian: «E dica pure ai suoi, se vengono a cercarmi, che possono spararmi, io armi non ne ho».
© riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: