A parte il buon sangue che non sembra correre tra Luca Barbareschi e la Rai, almeno per quanto riguarda l’Ufficio stampa maltrattato durante la presentazione de La lunga notte - La caduta del Duce (la serie andata in onda in tre serate da lunedì a mercoledì su Rai 1), l’attore e produttore continua a tenere saldo il piede sulla staffa della tv di Stato, che non solo gli consente (coproducendolo) di mandare in onda questo poco credibile melodramma sulla fine del regime fascista, ma gli concede altri spazi In barba a tutto, proprio come il titolo del suo programma la domenica in seconda serata su Rai 3. Preso atto che il sindacato dei giornalisti Rai ha definito Barbareschi «arrogante e maleducato», torniamo su La lunga notte per ribadire che la serie tv, raccontando le tre settimane precedenti e i giorni successivi alla notte tra il 24 e il 25 luglio 1943 in cui si svolse l’ultima riunione del Gran Consiglio che sfiduciò Benito Mussolini, incorre in numerosi errori storici, come ha spiegato David Parozzi sul nostro sito internet. Ma oltre gli «scivoloni grossolani», è l’accennato tono melodrammatico a esasperare i modi narrativi di una fiction (scritta da Franco Bernini e Bernardo Pellegrini, diretta da Giacomo Campiotti con Alessio Boni protagonista) in cui intrighi politici e vicende amorose si intrecciano a più riprese, fino alla fine, ovverosia all’ultima inquadratura, mentre alcuni personaggi rischiano persino di apparire caricaturali. La stessa sequenza clou dell’ultimo episodio, quella dello scontro all’interno del Gran Consiglio del fascismo, risulta decisamente forzata nell’ambientazione, nei toni e negli atteggiamenti. A una fiction, anche se ripercorre eventi storici, non si può chiedere la freddezza e il distacco di un documentario, ma una sostanziale attinenza ai fatti, sia pure romanzati, e una qualche attendibilità sì.
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