Nell'attesa che papa Francesco traduca in un nome solo quelli dei tre confratelli scelti dall'Assemblea della Cei per l'incarico di presidente, guardo nello specchio della Rete la piccola comunità degli osservatori di cose ecclesiali di cui anch'io faccio parte, e mi diverto a registrarne i sussulti.
L'idea che la responsabilità possa toccare per la prima volta a un pastore del Sud accende la fantasia di alcuni e scatena anche un po' di tifo. Sperando che il paragone non risulti irriverente, mi viene in mente quando ero piccolo e i miei nonni padani mi spiegavano che Massimo Ranieri avrebbe scalzato dal trono di Canzonissima Gianni Morandi perché al Meridione si vendevano più biglietti della Lotteria Italia. Altri si dedicano addirittura
alle scommesse (senza azzardo, grazie a Dio), e come sempre si fa quando si scommette vengono sovrapposti elementi razionali (il Papa sceglierà Tizio, perché...) ad altri decisamente emotivi (vorrei che il Papa scegliesse Caio, perché...), specie nei commenti. Io stesso, che durante l'incontro tra i vescovi e il Papa sono a Tv2000, ospite del "Diario di papa Francesco", mi infilo nel totopresidente, e suggerisco che la battuta di Francesco, a proposito della «pazienza» necessaria a lavorare con lui, condizioni i vescovi-elettori: escluderanno dalla terna gli irrequieti.
Fino a lunedì sera, l'esercizio preferito era stato quello di indovinare qualche nome, calibrando attentamente la collocazione: nel titolo i probabili, nell'occhiello i possibili, nel corpo del testo qualche outsider: non si sa mai, come ha insegnato l'ultima elezione pontificia. In effetti il clima, in questa fetta d'opinione pubblica, riproduce, su scala ridotta, quei momenti: non a caso a qualcuno scappa l'aggettivo "papabile" mentre snocciola i suoi candidati, e a qualcun altro il sostantivo "conclave" in riferimento alle votazioni di ieri mattina. Nei precedenti avvicendamenti alla guida della Cei, mancando la componente elettiva, non era mai successo. Mi pare una novità positiva.
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