Relegate per anni nell'angolo più remoto della previdenza, le pensioni del clero sono salite nei giorni scorsi alla ribalta del Parlamento. Grazie all'interrogazione parlamentare a risposta immediata (n. 3-01263) di Elio Belcastro (Noi Sud), è stata denunciata la disparità di trattamento subita dai sacerdoti titolari di due pensioni, in genere l'assegno Inps per il clero e la pensione Inpdap per gli insegnanti. In questo caso, le norme del Fondo di previdenza per il clero, che risalgono al 1973, impongono di ridurre di un terzo la pensione sacerdotale, senza alcun riferimento alle condizioni di bisogno del titolare e senza salvaguardare una franchigia di sussistenza, come invece indicato dalla Corte costituzionale.
Sono colpiti dalla riduzione anche i ministri di culto in seguito laicizzati che non dovrebbero essere più soggetti alla normativa della categoria. La pensione ridotta per principio è sconosciuta a qualsiasi gestione previdenziale, pubblica o privata, e trova la sua unica motivazione ufficiale in un discutibile indirizzo di contabilità statale. La disparità di trattamento subita dai ministri di culto ha altri risvolti. Per i pensionati di invalidità la trattenuta contraddice il riconoscimento dello stato di bisogno economico e di sofferenza fisica del titolare, aggravandone la situazione, ancor più per gli inabili rispetto agli invalidi. Un rilevante danno economico, quasi una beffa, se poi il diritto alla pensione sacerdotale viene maturata con il versamento dei contributi volontari; l'interessato sostiene oggi il peso dei contributi per ricevere in seguito una pensione fortemente ridotta. Infine, la palese ingiustizia produce una assurdità contabile: il complesso delle trattenute sulle pensioni è devoluto per legge allo stesso Fondo Clero e raggiunge un importo tanto elevato così che la gestione previdenziale finisce per alimentarsi con le sue stesse pensioni.
Una urgente soluzione " come ha indicato nel corso del question time il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi " appare «doverosa, all'interno della disciplina vigente», evitando di ricorrere ad uno specifico provvedimento legislativo. Sin dal 2008 " ha ricordato Sacconi " il Governo ha introdotto la libertà di cumulo tra pensione e salario. Alla luce del nuovo criterio del sistema previdenziale, ormai consolidato, il prelievo forzoso sulle pensioni dei sacerdoti appare superabile perché, in sostanza, anche la prestazione liquidata dal Fondo Clero può essere considerata salario, ancorché salario differito nel tempo.
Già ora la normativa del Fondo Clero è in grado di recepire l'intervento annunciato dal Ministro. L'art. 27 della legge 903/1973 prevede, infatti, che tutte le disposizioni di carattere generale introdotte nel sistema previdenziale per le varie categorie di lavoratori, debbano essere automaticamente recepite dal Fondo Clero, quando compatibili con lo status particolare dei ministri di culto. Una norma finora ignorata dall'Istituto di previdenza sociale.
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