Frase ricca di speranza, quella che scrisse Albert Camus: «In mezzo ai flagelli ci sono negli uomini più cose da ammirare che non da disprezzare». È vero: approfittiamo allora del trascorrere del tempo come di un’opportunità. Possiamo forse attivare la nostra responsabilità nei confronti di un’ecologia integrale, celebrando un nuovo contratto sociale con la Creazione. O forse investire nella ricerca di equilibri più soddisfacenti: tra il profitto e il dono, tra la crescita e la sostenibilità, tra l’individuale e il comunitario, tra il diritto a usare e il dovere di riutilizzare, tra il furore della tecnologia digitale e la natura artigianale della nostra umanità. O forse imparare a interagire in modo più intelligente con la complessità del mondo, ma anche con una più grande disponibilità a meravigliarci della sua disarmante semplicità. O forse mettere tra le competenze che più ci adoperiamo a esercitare la gentilezza e la fraternità. O forse, come così chiaramente percepiamo il posto dell’educazione fisica o di quella scientifica, a saper cogliere il posto anche dell’educazione emozionale e spirituale. O forse, infine, a preoccuparci più di quello che trasmetteremo, che non di quanto erediteremo. Penso a quel versetto del salmo biblico: «Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore».
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