Dà da pensare che sia l’autunno, questa fragile stagione ormai sul finire, a prenderci ogni anno per mano e a introdurci in una trama sfumata di colori che sono poi così vividi. Che sia questa fragile stagione, questa specie di musica volante che accompagna visibili e invisibili congedi, a presentarci quella che può ancora essere l’intensità, la sensorialità e il fulgore. L’autunno ci ricorda che tra i colori e la vita c’è una relazione ineludibile. Il mondo viene a noi attraverso l’alfabeto (cromatico, sensoriale, spirituale) dei colori, e anche quando cediamo alla tentazione di descrivere la vita in forma monocromatica, come se la realtà si adeguasse a un semplicistico bianco e nero, non possiamo nascondere che l’evidenza è un’altra. I colori non ci insegnano soltanto a guardare alla vita con attenzione maggiore, ma amplificano le competenze di un altro senso: quello dell’ascolto. Dovremmo accostare ogni colore al nostro orecchio e accettare l’incontro con la storia che in esso è raccontato, distinguendo il suo cangiare e le sue trasformazioni. C’è tutta una sociologia che può essere costruita a partire dai colori e, allo stesso tempo, una sorta di storia privata, di memoir intimo, solo nostro, attraverso mille variazioni. Ognuna di queste parla dei colori a modo suo, mescolando esperienze, collegandosi a emozioni, muovendosi di qua e di là nella sorpresa di ciò che ai nostri occhi si manifesta.
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