Cosa hanno in comune Giacomino Losi, detto “core de Roma” (secondo solo a Totti e De Rossi per presenze con la maglia giallorossa) e Raf Vallone, noto per la sua carriera cinematografica e capace di alzare la Coppa Italia vinta dal Torino nel 1936? Cosa rende simili l’attaccante Carlo Castellani, bandiera dell’Empoli, e il mediano Bruno Neri di Faenza, nel giro della nazionale dopo aver militato nella Fiorentina e nel Torino? Tutti questi calciatori, mentre sull’Italia fischiava il vento e infuriava la bufera dell’occupazione nazifascista, compirono la stessa scelta fatta da migliaia di ragazzi nel Paese: lasciarsi tutto alle spalle e combattere. Calciatori-partigiani come Armando Frigo, capace di segnare una doppietta con un braccio mezzo ingessato in un memorabile Vicenza-Verona 2 a 0, poi fucilato dai tedeschi o come la bandiera lariana Michele Moretti, membro del gruppo partigiano che il 28 aprile del 1945 catturò Benito Mussolini insieme a Ivo Bitetti, un atleta in piena attività che pochi mesi dopo, nel settembre del 1945, avrebbe vinto il titolo italiano di pallanuoto, difendendo i colori della SS Lazio. Bitetti aveva iniziato nella piscina del vecchio Flaminio, quando si chiamava «stadio del partito nazionale fascista» e d’inverno prestava il suo fisico da marcantonio anche al rubgy. Sfollato al confine con la Svizzera, faceva su e giù da Dongo con la bicicletta e pare sia stato proprio lui a scoprire Benito Mussolini rannicchiato sotto una coperta nel retro di un camioncino. Tanti altri sono gli sportivi passati dallo sport alla Resistenza e alla lotta per la Liberazione: Giacomo Losi, Antonio Bacchetti, Dino Ballacci, Cestmir Vycpalek, “Cartavelina” Sindelar, Erno Erbstein, Arpad Weisz, Gino Callegari, Vittorio Staccione, Edoardo Mandich, Guido Tieghi, e Alceo Lipizer. Si potrebbero raccontare aneddoti di incredibili partite giocate tra partigiani e nazisti, come quella che si disputò nel maceratese, a Sarnano nel 1944, o quelle fra reclusi nei lager e i loro aguzzini, vere e proprie partite della morte, a cui si ispirò il film di John Houston, “Fuga per la vittoria”. Si potrebbe raccontare di pugili costretti a combattere per la vita sul ring di Auschwitz per il divertimento dei loro kapò o che si ribellarono alla dittatura nazifascista, come Leone Jacovacci, Lazzaro Anticoli, Pacifico Di Consiglio detto “Moretto”, Settimio Terracina. Si potrebbe raccontare di ciclisti, come Albert Richter, tedesco che aiutò tanti ebrei a scappare e venne impiccato e di altri due campioni del pedale: Gino Bartali che salvò ottocento persone nascondendo documenti nel telaio della bicicletta con cui si allenava e Alfredo Martini, partigiano che diventerà Commissario Tecnico della Nazionale italiana di ciclismo: “Ho portato in bicicletta carichi di bombe molotov alle formazioni partigiane presenti sul Monte Morello”, raccontava Martini “e solo ora penso che se fossi caduto sarei saltato in aria”. Non cadde, non saltò in aria. Anzi, questi sportivi, insieme a tanti giovani uomini e donne, ci consegnarono un Paese libero e un mondo migliore: le loro storie ci impongono di non dimenticare e, oggi più che mai, di imparare. Buon 25 aprile!
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