6 novembre. «Ma proprio oggi che c'è l'allerta meteo devi andare a Roma?», chiede il marito alle sei del mattino. «Sì, proprio oggi», rispondo, e parto. Sul Frecciarossa do uno sguardo ai notiziari on line. C'è una foto del Colosseo che ci si potrebbe arrivare in gondola. Il prefetto consiglia di non uscire di casa se non per seri motivi. L'allerta, intanto, secondo alcuni da rossa si è fatta addirittura viola. Viola? Mai sentito, però avverto l'apprensione fra i compagni di viaggio. Ma ci siamo attrezzati. Abbiamo stivali di gomma, e giubbotti da alluvione. Ci avviciniamo all'Urbe sotto a un cielo corrucciato, ma non piove. Noi milanesi a Termini oggi ci distinguiamo per l'aria ansiosa con cui ci affacciamo sul piazzale, brandendo grossi ombrelli. L'asfalto è appena bagnato. Perplessa evito comunque il metrò che, mi dicono, può allagarsi. Ci sono i taxi al parcheggio, e, incredibile, non c'è la coda. Salto a bordo e domando: e l'uragano? Il tassista, flemmatico: «Eggià passato stamattina presto, e torna alle quattro». Come parlasse di un amico che è andato a comperare le sigarette. Ma già, i romani, mi dico, dopo Vandali e lanzichenecchi, mica si impressionano per un'allerta meteo. Il tassista accelera con evidente soddisfazione nella strada semivuota. Mi pare che borbotti «ce stesse tutti i giorni, l'allerta rosso», ma non ne sono certa. A un incrocio c'è una grande pozzanghera, e un signore che guada con l'acqua alle caviglie benedice il sindaco, e gli assessori tutti. Vedo vigili con i capelli grigi e la pancetta, bruscamente strappati alle loro scrivanie. E schiere di giapponesi che dell'uragano se ne infischiano, e marciano imperterriti verso San Pietro. Fino alle tre, non una goccia d'acqua. Sudo, nella mia giacca da alluvione. Roma semideserta però, sotto a questo cielo, è bellissima. Dai caffè i baristi si affacciano e si domandano l'un l'altro: «Ma andov'è, la tempesta?».Però il tassista ha detto che l'uragano torna alle sedici. Alle tre e mezza sono già a Termini. Il cielo si è fatto nero pesto, mi sfiorano le prime grosse gocce. Dal finestrino del treno faccio in tempo a scorgere l'inizio della tempesta. Riapro l'Ipad. Grandine, allagamenti, ma niente di irreparabile, per fortuna. (Una passeggera sussurra perfino che non le pare molto peggio di un violento nubifragio estivo su Milano). Non una apocalisse, grazie a Dio. E nel cielo di nuvole iraconde mi immagino il Padreterno che richiama gli arcangeli, e ordina che si mettano via le trombe del Giudizio. Anche per questa volta non se ne fa niente, annuncia, con un'occhiata affettuosa al Cupolone: troppo bella Roma, troppo simpatici i romani.
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