Sono ormai tre anni che scrivo con gli occhi. Era l’estate del 2019 quando mi fu regalato il puntatore ottico che uso, dopo che l’ultimo dito ancora funzionante aveva smesso di muoversi anche lui, e non riuscivo più a cliccare sul pulsante del mouse. Ma chi pensa che sia facile usarlo, e che non mi stanchi, è decisamente fuori strada. Tutt’altro. Certo, non faccio più le sudate epocali come negli ultimi tempi che usavo il mouse (ma davvero epocali, sembravo uscito dalla doccia, per non parlare della fatica fisica che mi costava scrivere anche solo tre righe), ma anche col puntatore non è una passeggiata. Intanto devo essere posizionato perfettamente nel letto, e già questo è difficile, visto che io stesso non riesco a capire se la posizione che mi sembra ottima quando sto sdraiato lo sarà anche una volta che lo schienale del letto verrà tirato su. In teoria potrei usare il puntatore anche restando sdraiato, ma il cambiare posizione è per me essenziale per variare i punti d’appoggio sul materasso, ed evitare così altre molto spiacevoli complicazioni. Una volta sistemato, devo poi azzeccare l’altezza del tavolino su cui verrà poggiato il pc col suo supporto, essenziale per dargli la giusta inclinazione. Ma anche se faccio centro al primo colpo, dopo un po’ finisco sempre per “scivolare” verso il basso, e ogni tanto devo essere tirato di nuovo su. Quando però si fa questo, si ripropone l’esigenza del posizionamento “perfetto”, e la giostra ricomincia daccapo. E poi c’è il problema degli occhi, che quando si stancano iniziano a lacrimare, sballano la collimazione del puntatore, e non riesco più a scrivere. Dovrei chiudere per qualche istante gli occhi per ripristinare il corretto velo umido: ma da un po’ di tempo le mie palpebre spesso faticano a chiudersi completamente (ultimo gentile omaggio della Sla, non per caso una dei fisioterapisti, Margherita, mi fa fare esercizi per i muscoli del viso). Di notte, per non restare con gli occhi tipo zombie, uso una specie di lacrima grassa, ma non posso usarla sempre. Infine c’è il problema della scrittura in sé, che è lenta, anche se ho messo al massimo la velocità di reazione del puntatore. La tastiera su cui i miei occhi scrivono – in realtà quattro tastiere, a scorrimento: mi muovo dall’una all’altra a seconda del carattere, simbolo o funzione che mi serve – ha un suggeritore di parole, ma evidentemente conosco più parole di lui, visto che spesso non mi suggerisce nulla. Così soprattutto con le parole più lunghe può capitare che ci impieghi qualche minuto a scriverle. E nel frattempo mi dimentico di quel che volevo scrivere. Ma, questo, non ha nulla a che vedere col puntatore. È l’età.
(80-Avvenire.it/rubriche/Slalom)
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